Che vento forte soffia ad Anarene. Proviene dal passato, si rinforza nelle vuote vastità del Texas e tira dritto verso un futuro da scrivere con estrema difficoltà. Sta sicuramente soffiando anche in questo momento e continuerà a farlo senza che nessuno possa del tutto sfuggirgli. I personaggi del film di Peter Bogdanovich trovano riparo in piccoli avamposti – una caffetteria, una sala da biliardo, un cinema – per arginarne l’impeto, ma si finisce per imparare molto presto che il vento fa il suo giro e ritorna sempre sui suoi passi.

Nel turbinio, c’è chi prova a diventare grande e chi combatte l’avanzata incessante del tempo. Con una meticolosa fotografia in bianco e nero, un’influente colonna sonora dalle tinte country e western e una recitazione d'insieme piacevolmente uniforme, L'ultimo spettacolo è allo stesso tempo un’elegia per il passato e un monito per l’avvenire. Secondo Larry McMurtry, autore dell’omonimo libro e collaboratore di Bogdanovich alla sceneggiatura del film, “la narrazione non è, infine, memorabile; si dimenticano le storie e persino i risultati e si ricordano i momenti, proprio come nella vita si dimenticano anni, persino decenni, e si ricordano i momenti". Non c’è picco, non c’è esagerazione, c’è una collezione di attimi significativi per le anime che sono davanti alla macchina da presa, intorno ai quali si ereggono simulacri di vita in posti a lungo dimenticati dal tempo.

L’interpretazione che ha assicurato a Ben Johnson il suo unico premio Oscar nei panni di Sam il Leone non fatica a dare sostanza a queste congetture e mettere in prospettiva tutto il resto. L’inerzia con cui seguiamo la direzione suggerita dal vento è ostacolata da frammenti che si aggrappano disperati alle rovine e alla polvere. A nulla serve la certezza di una sconfitta, biologica prima ancora che spirituale. Anarene non è solo una sperduta e fittizia cittadina americana, ma la manifestazione di un passaggio obbligato nella comprensione della realtà. Il vecchio si risolve lentamente nel nuovo, prima che questo lo diventi a sua volta in un circolo pressoché eterno. Peter Bogdanovich è riuscito a intercettare questa soglia nella sua narrazione, in un periodo in cui anche il mondo del cinema stava cambiando.

La casa di produzione del film è la BBS, nota in una fase precedente come Raybert Productions. È la società che ha prodotto film come Easy Rider e Cinque pezzi facili, una di quelle che rompe gli schemi trascinata dalla corrente della controcultura e assesta il colpo definitivo alla narrazione classica dominante fino a quel momento. In L'ultimo spettacolo, prima di chiudere per sempre, il cinema di Anarene proietta il suo ultimo film. Sullo schermo c’è Fiume rosso di Howard Hawks, in un passaggio di consegne pregno di malinconia e senza alcuna presunzione che apre la strada ai registi della New Hollywood. Bogdanovich ha il piede in due scarpe: è studioso, critico e discepolo del cinema di cui mette in scena il commiato ma, allo stesso tempo, è tematicamente e poeticamente affine alla desolazione e alla disgregazione generata dalla consapevolezza del fallimento del sogno americano. Tra i cocci e i detriti, si alza ancora il vento ad Anarene mentre tutti i suoi edifici sono chiusi o dismessi. La realtà ha preso il sopravvento e il grigio è il colore dominante del suo ultimo spettacolo.