L’uomo usciva dalla caverna di Platone rimanendo abbacinato dalla bellezza di un mondo di cui aveva ignorato l’esistenza. Ugyen, il protagonista di Lunana - il villaggio ai confini del mondo, è un insegnante insoddisfatto che viene assegnato alla scuola più remota del Bhutan per apprezzare la sua posizione lavorativa statale. Sembrerebbe un parallelismo ardito, ma il desiderio di un'esistenza più autentica e significativa accomuna una storia edificante di una porzione di mondo sconosciuta ad uno dei miti costitutivi del pensiero occidentale.

Non è esattamente un caso, visto che il debutto di Pawo Choyning Dorji riesce a giocare senza sforzo con gli aspetti universali della vita incorporandoli in un viaggio alla scoperta di un territorio e di una cultura esclusa dai circuiti tradizionali. Il Bhutan è un fazzoletto di terra costretto tra la Cina e l’India, pieno di costumi e usanze che reclamano voci e palcoscenici in cui farsi conoscere. Non digitali, non connessi, ma ai confini di un presente che sta erodendo letteralmente la terra sotto i nostri piedi.

Invece di misurare lo sviluppo in termini di prodotto interno lordo, questo regno ha scelto di valutare la sua crescita in base a una serie di condizioni come la cultura e la vitalità della comunità. Ispirato al principio buddista della Via di Mezzo, che enfatizza l'equilibrio in tutte le cose, la Gross National Happiness consiste nel perseguire un percorso di modernizzazione meno materialista, attraverso il quale il benessere psicologico conta tanto, se non di più, della prosperità economica.

Ci si può scaldare con escrementi di yak invece di passare tutto il tempo chinati su smartphone e simili, per godere di una storia di formazione che supera confini nazionali e internazionali nel raccontare di come il proprio posto nel mondo sia tutt’altro che dietro l’angolo. I racconti sugli insegnanti ispiratori normalmente si concentrano generalmente sull'impatto che l'insegnante ha sugli alunni. Lunana, invece, riguarda anche l'impronta che questa esperienza lascia sul protagonista stesso. Tutto ciò che lui dà per scontato è considerato un privilegio ai confini del mondo. Un insegnante è un bene così raro e prezioso per una piccola comunità sulla via dell’oblio che viene trattato con un rispetto che sconfina nella venerazione perché "un insegnante tocca il futuro" come ricordano molti personaggi del film.

Gli splendidi paesaggi di montagna e le interpretazioni non professionistiche, specialmente quella della giovanissima Pam Zam, contribuiscono ad un fascino immediato e riescono ad ancorare una storia appetibile urbi et orbi ad un’area geografica estremamente circoscritta. La decisione di girare sul posto usando batterie a energia solare e di impiegare gli abitanti del villaggio come attori improvvisati dà al film un rinfrescante senso di autenticità. Quella che sarebbe potuta essere una mera contestualizzazione toponomastica diventa un elemento di valorizzazione di un popolo che fatica ad imporsi nell’immaginario internazionale e una finestra su un mondo tutto da scoprire con tanti punti di contatto.

Solo così si può fare ritorno alla caverna e comunicare la purezza e l’autenticità a noi che siamo ancora prigionieri del suo buio.