Il Buddhismo thailandese si differenzia da quello tradizionale perché conserva, in parte, anche l’originaria tradizione dell’animismo. La combinazione fra spiritismo e animismo mette in moto il meccanismo psicologico che è la chiave di Malila: The Farewell Flower.

Shane e Pitch sono amici, amanti e innamorati. Dopo essere stati per molto tempo distanti l’uno dall’altro, le loro anime afflitte e doloranti, di bestiali ricordi, si ritrovano. Pitch è un creatore di Bai Sri - incantevoli composizioni di foglie, fiori ed altri elementi piegati e cuciti in modo tale da creare ornamenti particolari disposti su tre livelli - che, nella tradizione Thai, vengono usati per cerimonie di ricongiunzione tra uno spirito in fuga e il corpo e l’anima d’origine. Il Bai Sri avrebbe, di riflesso, effetti benefici sulla salute della persona, ma il loro potere nel caso di Pitch non è abbastanza. Il suo corpo, pieno di tumori, riesce a sopportare ancora per poco la vita, ma gli ultimi momenti li passa felicemente stretto al suo compagno.Shane decide, in parte per la salute di Pitch e in parte, anche per sé stesso di unirsi ai monaci della foresta per qualche tempo.

Così nella prima parte di Malila: The Farewell Flower la ricongiunzione di corpi e anime è sempre al centro del quadro, anche nei campi lunghi: quando Shane e Pitch camminano disgiunti nel bosco in un modo o nell’altro Anucha Boonyawatana, la regista, riesce ad avvicinali. Nella seconda parte, invece, Shane parte, insieme ad un altro monaco, per raggiungere un luogo appartato nella foresta in cui poter praticare un’intensa meditazione. Non c’è più la carnalità a legare Shane e Pitch bensì le loro anime che, nella privazione più totale e nella fusione umano-natura riescono nuovamente a congiungersi: anche se in modo granguignolesco.

Anucha Boonyawatana ha uno stile a tratti delicato e soave, ma che improvvisamente destabilizza lo sguardo - non in senso negativo - diventando brutale e sanguigno. I respiri e gli sguardi sono sempre portatori di sentimenti e passioni intense, vissute nella psiche dei protagonisti e mostrati attraverso rituali sia spirituali sia di abitudini di coppia. Non c’è spazio per pietismi di alcun genere, infatti Boonyawatana presenta i suoi personaggi per quello che rappresentano: la vita e la morte. E senza negatività, la morte è vista attraverso una lente che la mostra e allo stesso tempo la distanzia. Può anche essere eterna, ma la vita e la vitalità sono comunque fragili, esattamente come i fiori di gelsomino di cui parla Pitch: bellissimi bottoncini bianchi e profumati che, purtroppo, appassiscono in maniera repentina.