Cosa rende Mandibules, l’ultimo film di Quentin Dupieux (alias Mr. Oizo), un’esperienza cinematografica capace di conquistare il pubblico sin dalla sua presentazione alla 77^ Mostra del Cinema di Venezia, la prima edizione dell’era Covid? Forse ha giocato a favore anche il desiderio di leggerezza del pubblico, poiché si tratta di una commedia breve ed essenziale, che utilizza con intelligenza ogni minuto per la costruzione di una tensione drammatica che gioca con le gag da palcoscenico, il surreale e la satira sociale, con il risultato di essere sempre imprevedibile e d’effetto. Il tutto a partire da un incidente scatenante atipico quale il ritrovamento da parte dei due bizzarri protagonisti di una mosca gigante all’interno del bagagliaio di un’auto rubata.

Da lì in avanti il senso della storia si dispiega attraverso la forza di volontà dei due strampalati Manu e Jean Gab, che decidono con caparbietà di portare avanti il folle piano di addestrare questa mosca a fare rapine al posto loro. I due fraterni amici agiscono seguendo regole tutte loro che, per quanto assurde e naïve, trovano spazio nel nostro cinico mondo reale. Come il bizzarro gesto di saluto fatto con le dita piegate in segno di corna di toro, di cui non riescono a spiegare l’origine o il significato nel momento in cui gli viene chiesto. Sono i protagonisti a dare un senso alle cose, a fare da motore per spingere gli eventi a prendere piede, e ci mostrano che è solo in questo modo che poi possiamo trarne giovamento e soddisfazione.

La parabola di Manu e Jean Gab ci mostra come sia possibile realizzare i propri matti obiettivi se operiamo con grande volontà e abnegazione, ma anche imparando a essere flessibili, a cambiare rotta in base al vento che soffia o alle nuove possibilità che ci vengono offerte. È così facendo che i due riescono costantemente a farla franca, e sono le persone che incontrano, quelle teoricamente lucide, sane e affidabili, a completare l’opera lasciandosi fregare dalle consuetudini e dalla propria ottusità. Il film, infatti, rivela con piccoli cenni una critica sociale a un mondo che non accetta la diversità, che plasma tutto a sua immagine e che è sempre pronto a credere al peggio.

Eppure, in questo mondo può esistere anche l’armonia di un’amicizia scapestrata come quella dei protagonisti, interpretati da una coppia di attori comici francesi (Grégoire Ludig e David Marsais), in grado di creare una forte complicità sullo schermo, e che è sottolineata dai toni pastello della fotografia, che ci immerge da subito in un mondo di sogno, in una leggerezza vacanziera che ci aiuta a credere in un mondo dove tutto è possibile. L’estetica colorata e trasognata del film concorre ad alleggerire il nostro sguardo e predisporlo alla sconclusionata catena di eventi che ci viene proposta.

Ma il film è anche straordinariamente solido, basato su una forte geografia dei personaggi (in cui spicca un personaggio laterale interpretato in maniera esilarante da Adèle Exarchopoulos) e sull’utilizzo sapiente delle running gag che tengono insieme questo variopinto puzzle e ci permettono di sintonizzarsi con la filosofia dei protagonisti. Manu e Jean Gab esprimono la serenità nel lanciarsi in nuove improbabili imprese che permettono loro di godere delle piccole cose e di non perdersi d’animo di fronte a un fallimento, elementi essenziali per essere poi sorpresi da un successo inaspettato.