Acta general de Chile è un documentario del 1986 sullo stato (miserevole) della nazione ai tempi del generale Augusto Pinochet, e al contempo la testimonianza indiretta di una incredibile avventura. L'avventura è quella del regista Miguel Littín, che l'anno precedente si era infiltrato clandestinamente nel paese sotto mentite spoglie, a dispetto del suo status di esiliato politico, per filmare cosa stesse accadendo alla sua patria sotto il regime. Una prova di coraggio così fuori dal comune da meritarsi di essere poi a sua volta narrata da un certo Gabriel García Márquez (Le avventure di Miguel Littín, clandestino in Cile).

Littín si prefigge di raccogliere testimonianze attraverso tutta quella peculiare striscia di terra fra l'Oceano Pacifico e la Cordigliera delle Ande che è il Cile: dalla capitale Santiago, alle montagne coi giacimenti minerari, alle infinite distese della pampa, al mare dal quale l'era politica in atto è iniziata. Da ogni luogo restituisce l'immagine di un paese allo stremo e contratto dal dolore, dove lo sgomento è palpabile, il senso di sé degli individui prosciugato dagli eventi, la speranza di libertà intorpidita oppure armata e nascosta.

A dispetto dell'intento sistematico, Littín adotta un approccio narrativo impressionistico: la voce narrante illustra qualche nozione di base sulla storia del paese, ma soprattutto declama frasi suggestive e dolenti a commento di paesaggi abbandonati a se stessi, il tema musicale portante è di struggente malinconia, le interviste – a persone comuni, figure politiche, personaggi eminenti come Fidel Castro e lo stesso García Márquez – argomentano potentemente contro il regime di Pinochet. L'effetto finale è di un'ansia persuasiva a tratti toccante, a tratti ridondante nelle quattro ore di minutaggio finali.

La presidenza democratica di Salvador Allende, interrotta con la violenza dal golpe del 1973, viene ricordata nostalgicamente come un'età dell'oro, fatta di riforme a favore del popolo e contro gli strati sociali dominanti. E l'ultima parte dell'opera, dedicata alla rievocazione delle ultime ore di Allende asserragliato dentro al Palazzo della Moneda, è sicuramente la meglio riuscita, densa di commozione e pathos drammatico. Littín sorvola però su aspetti significativi dell'era Allende, come una situazione economica rovinosa che aveva ridotto il consenso del governo presso il popolo e preparato il terreno al colpo di stato delle élite.

Se la visione di Littín è soggettiva, è però anche vero che non fa nulla per nasconderlo.  All'analisi argomentativa e al confronto dialettico, contrappone la forza dello slancio politico sincero. Acta general de Chile resta come un documento coinvolgente e onesto, se non di un certo periodo storico nel suo complesso, del sentimento del popolo cileno a pochi anni dalla caduta definitiva del regime nel 1990.