Per ricordare Monte Hellman, scomparso il 20 aprile 2021, ricordiamo il suo Cockfighter. Uscito in Italia il 4 aprile 2014 direttamente su Rai3, il film del 1974 è noto soprattutto per i violenti combattimenti tra volatili causa di numerose proteste che hanno ostacolato la circolazione della pellicola in buona parte del mondo, facendone in breve tempo un prodotto di nicchia per il mercato home-video.
L’autore di Greenpoint debutta con Roger Corman nel 1959. Guardando i suoi lavori (Le colline blu, Ride in the Whirlwind, 1966; La sparatoria, The Shooting, 1966; Strada a doppia corsia, Two-Lane Blacktop, 1971 o Iguana, 1988) è riscontrabile il metodo produttivo del maestro – film a basso costo, ma ricchi di un acuto sottotesto – rielaborato secondo la propria sensibilità e idea di cinema. Ne risulta così uno stile caratterizzato da un'astrazione tendente all'onirismo, con tempi dilatati, staticità della macchina da presa, personaggi enigmatici e un forte simbolismo che carica di significati “altri” le immagini sullo schermo.
Non fa eccezione Cockfighter che, adattando l'omonimo romanzo di Charles Willeford del 1962, offre il ritratto amaro di un'America cinica e violenta il cui sogno nazionale si è ormai infranto in un desolante vuoto esistenziale, espresso dalla brutale quanto inutile pratica centro della vita di Frank Mansfield, addestratore di galli in cerca di riscatto dopo una serie di scottanti sconfitte.
Come gli altri personaggi hellmaniani, l'uomo è mosso da un obiettivo – una medaglia di nessun valore, che lo consacrerebbe però a campione dell'anno – la cui ossessione è il tentativo disperato di inseguire l'idea appannaggio dell'americano medio, ovvero il controllo sul proprio destino. Se da sempre il motto “se vuoi, puoi” è stato il centro del vivere statunitense, Mansfiled, certo di poterlo dominare, sfida regolarmente il fato venendone però puntualmente battuto.
Quello di Hellman è un Paese che ancora fatica ad accettare la fine del proprio mito e continua testardamente a rimettersi in gioco senza un attimo di tregua, una anche minima riflessione che porterebbe a comprendere l'imparità del confronto. Così il loser protagonista del film, la cui lotta è prima di tutto contro se stesso, le proprie paure e repressioni (non a caso si costringe al mutismo dopo una spacconata pronunciata certo della vittoria rivelatasi invece ennesimo smacco): incapace di vivere al di fuori del ring, non può che rinchiudervisi, sprofondando nell'eterna rincorsa di un'effimera illusione.
Articolo apparso originariamente su Cineforumweb