My Octopus Teacher - Il mio amico in fondo al mare, la storia dell’amicizia (o dell’amore?) tra un polpo ed il regista sudafricano Craig Foster, è risultato vincitore dell’Oscar per il miglior documentario nella 93esima edizione dei premi. Il film (documentario originale Netflix 2020), diretto da Pippa Ehrlich e James Reed e interpretato dallo stesso Craig Foster (voce narrante, protagonista e anche produttore), racconta l’incredibile avventura sottomarina di un documentarista sull’orlo del burnout, che decide di seguire la vita di un polpo in fondo al mare, incontrandolo e riprendendolo per più di 300 giorni in un anno, più dell’80% della vita intera del mollusco. L’impresa, narrata come fatto a metà strada tra l’esperimento scientifico e una vera e propria ossessione, è un tentativo disperato (nel senso di una disperazione interiore come movente iniziale) di usare il contatto diretto con la natura per recuperare il contatto perduto con sé stessi.
Le immersioni ripetute quotidianamente dal documentarista sono fatte a pelle nuda, senza muta da sub, e senza bombole di ossigeno, per stabilire, anche attraverso il tatto, una connessione forte con il mondo sottomarino. Tale adesione diretta e palpabile con il mondo subacqueo porterà il protagonista ad un livello di osservazione che andrà ben oltre il grado scientifico delle notazioni. Uno dei momenti topici del documentario è raggiunto quando l’uomo “prende in braccio” il polpo: il contatto tattile tra le ventose dell’animale e l’epidermide rappresenta il superamento di ogni barriera, da esperimento in senso scientifico si entra in una dimensione più umana e psicologica di esperienza: il contatto con l’animale, la confidenza acquisita, la fiducia del mollusco diventano qualcosa che “passa attraverso” (ex-periri) il corpo e l’animo dell’essere umano.
Ciò che ci è parso decisamente eccezionale di questo film è la sua componente narrativa dalla forte matrice emotiva, che accosta immagini inedite e reali catturate alla vita subacquea dei pesci e di un uomo tra i pesci all’intenzione di raccontare qualcosa di impalpabile e immateriale come l’emozione umana di fronte a piccole scoperte sottomarine, l'impensabile empatia tra un uomo e un mollusco, addirittura l’affetto, la cura, la premura per un invertebrato. Il pregio del film è proprio la capacità incredibile di rendere reale e concreto qualcosa che forse è successa solo nella testa o nel cuore di chi l’ha vissuto e documentato.
La sua eccezionalità sta nella capacità di rendere visibile ciò che, come diceva il Piccolo Principe di de Saint-Exupéry, è invisibile agli occhi: l’essenziale. Valicando il confine tra mondo terreno e sottomondo subacqueo, valicando il confine tra specie animali (uomini e molluschi), tra ciò che è conosciuto e ciò che non lo è, il film regala attimi di pura meraviglia. E il consiglio, per vederlo con lo sguardo giusto, è che si guardi in compagnia di bambini. Perché se il documentario sul polpo maestro di vita (e per quale ragione cancellare nella traduzione italiana del titolo il valore educativo di questa esperienza?) è stato tacciato di essere manipolatorio o pedagogico, crediamo sia accaduto a chi ha perso il sentimento di meraviglia emotiva (tanto caro a Bruno Munari) così naturale nei bambini.
Un sentimento che rende il loro sguardo capace di conservare “la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare”. Uno sguardo che stimola il pensiero divergente e che dona solo ai bimbi la capacità di reagire a qualcosa di inaspettato con curiosità e meraviglia vitale. Del resto, come diceva Einstein, “se non sei in grado di provare stupore sei morto”.