Francesca Divella
“Laggiù qualcuno mi ama” e la fragilità rivoluzionaria
Laggiù qualcuno mi ama è un film con cui Massimo Troisi, a settant’anni dalla sua venuta al mondo, torna al cinema per essere riascoltato, rivisto, per stare con il suo pubblico ancora una volta e per insegnarci che a volte anche la fragilità può esplodere come tratto umano capace di rivoluzioni silenziose, ma durature. L’universalità del suo messaggio insieme alla misura della sua poetica sono riportate a galla dalla intelligente costruzione martoniana capace di mescolare sapientemente immagini di repertorio, spezzoni di film, contributi televisivi e documenti inediti.
“La grande abbuffata” 50 anni fa
Quali sono le cause perturbanti del cinema di Marco Ferreri (un ex veterinario approdato al cinema con la sua coorte di animali, corpi e fisiologicità abbondanti)? Di sicuro ciò che crea disagio in questo film è la metafora nascosta dietro al cibo, poiché Ferreri usò il cibo in tutti i suoi film e massimamente ne La grande abbuffata, come mezzo per interpretare, criticare e demolire le sovrastrutture sociali. Oppure il fastidio nasce dal fatto che questa rappresentazione fu fatta in chiave più che grottesca, quasi scatologica?