In questi giorni, in occasione del festival Il Cinema Ritrovato a Bologna è stata inaugurata nella biblioteca Salaborsa una mostra su Silvano Campeggi, detto “Nano”, visitabile fino al 7 settembre, sotto la volta della piazza coperta sono esposti numerosi bozzetti originali e locandine realizzate da uno dei maggiori pittori e cartellonisti del cinema americano. L’esposizione prosegue anche all’esterno della biblioteca, imboccando via Indipendenza sotto i cui portici è stata allestita una mostra urbana curata da Cheap, associazione che promuove la street art, i disegni di Nano sono tornati nelle antiche bacheche della città.
Il pittore realizza anche numerosi ritratti pubblicitari, in mostra Sophia Loren, Vivien Leigh, Ava Gardner, Silvana Mangano, Gregory Peck e Audrey Hepburn, James Dean etc… divi cinematografici resi ancora più iconici dai pochi segni e dalle pennellate decise con cui stende gli acrilici su fondi neutri. Via col vento, Ben Hur, Casablanca, Cantando sotto la pioggia, West Side Story, La gatta sul tetto che scotta, Gigi, Colazione da Tiffany e Vincitori e vinti sono solo alcune delle principali opere eseguite da Silvano Campeggi nato a Firenze nel 1923 e scomparso lo scorso anno. Allievo di Ottone Rosai, frequenta la Scuola d’Arte di Firenze per poi approdare a Roma nel dopoguerra, qui lavora per i giornali umoristici il “Marc’Aurelio” e “Il Travaso delle idee” e incontra i principali cartellonisti del muto, Luigi Martinati, una vecchia conoscenza fiorentina, Anselmo Ballester e Alfredo Capitani.
Nel 1946 realizza il primo manifesto per Aquila nera di Riccardo Freda, con Rossano Brazzi e Gino Cervi, l’esordio di Nano coincide con il successo del film seguito da un felice colloquio con i vertici italiani della Metro Goldwin Mayer, una collaborazione che durerà oltre vent’anni durante i quali le maggiori major cinematografiche gli commissioneranno migliaia di locandine, una media di circa 150 opere all’anno e oltre tremila bozzetti! Un artista prolifico che all’apice della carriera decide di abbandonare questa professione non smettendo però mai di dedicarsi alla pittura. Già nei primi anni Sessanta, la drastica riduzione dei manifesti, risultato di moderne campagne pubblicitarie, decreta la morte di questa forma d’arte ormai priva dell’impatto comunicativo di un tempo, l’emozione provata davanti ai muri diroccati dalla guerra ricoperti dai volti delle star hollywoodiane e nostrane lentamente si perde nella memoria e gli attacchini di Ladri di biciclette (1948) appendono al chiodo scala, pennello e secchio.
As Time Goes By (2018) è il titolo del documentario su Silvano Campeggi realizzato da Simone Aleandri, una preziosa ricostruzione di un personaggio umile e spensierato, il cui fischiettio scandisce il ritmo dell’intervista evidenziando la dimensione ludica della vocazione artistica. I manifesti che tappezzavano i muri mutilati dai bombardamenti non erano altro che allettanti inviti a concedersi brevi distrazioni, andare al cinema significava, in modo particolare per la generazione nata a cavallo tra le due guerre, un momento di svago fugace ma necessario: “Il manifesto cinematografico è circense, sa davvero di ‘circo’; è ‘pubblicitario’, odora di sapone, di detersivo, di sottaceti (…) Ma racconta come altri narratori visuali non sanno fare. Deve essere considerato obbedendo alla sua logica, che è semplice e terrifica: dire tutto, anche a proposito di un fluviale poema visivo, in una immagine – pugno - nell’occhio. Così, di Rhett Butler e Rossella O’Hara sapremo sempre, più che mai, di come si siano baciati su un ponte nero nero, mentre il sogno del sud si trasformava in un incubo, e cadeva un impero e cambiava tutto meno il modo di baciarsi su un ponte nero nero e sullo sfondo di un tramonto, infuocato non per naturali risorse ma per l’incendio di Atlanta”. (Antonio Faeti, L’abbecedario dei generi in Eroi di mille leggende, manifesti cinematografici 1930/1960, mostra a cura di Andrea Maioli, Bologna, 1993)