La scelta di raccontare una storia che abbia al centro temi come la maternità e l'aborto potrebbe essere ritenuta incauta, specialmente in un periodo storico in cui la crisi sociale e culturale che stiamo attraversando a tutte le latitudini sta minacciando diritti fondamentali, come quello delle donne di autodeterminarsi. Ma uno dei poteri delle narrazioni, e del racconto sul grande schermo in particolare, sta proprio nel riuscire a elaborare anche argomenti impegnativi e ostici, sfruttando le vastissime potenzialità offerte dal linguaggio cinematografico, talvolta anche giocando con i diversi registri stilistici.

La regista norvegese Yngvild Sve Flikke sceglie di andare in questa direzione con il suo secondo lungometraggio Ninjababy, spensierato e vivace fin dal titolo, che racconta la scoperta di una gravidanza inattesa e indesiderata da parte di Rakel, ventenne esuberante e disordinata, piena di passioni – soprattutto quella per i fumetti – ma senza progetti di vita precisi.

Pensare a Juno è inevitabile. Ma, a quasi quindici anni di distanza dal film di Jason Reitman, siamo di fronte a una versione “aggiornata” e più matura della vicenda: al posto di un'adolescente sostenuta dall'affetto di due genitori (qui del tutto assenti) pronti ad accompagnarla emotivamente durante la gravidanza cui seguirà l'affidamento del nascituro, troviamo una giovane donna che, seppur con tutta la confusione e l'irrequietezza dei suoi vent'anni, sa per certo che un figlio non lo vuole e rivendica il proprio diritto di rifiutare la maternità che la società vorrebbe imporle.

Rakel avrebbe scelto senza alcuna esitazione l'aborto, se non avesse scoperto con grande sorpresa di essere al sesto mese di gravidanza (non tutte le donne incinte arrivano ad avere una pancia enorme, le spiega la dottoressa durante l'ecografia). Essere madre non è un desiderio naturale per ogni donna, anzi nel caso di Rakel soltanto il pensiero le fa orrore. Così inizia a inveire contro quel «fottuto ninjababy schifoso» che tiene in grembo e a cui fa assumere le sembianze di un feto con una benda nera sugli occhi che si aggira per la casa pronto a porle domande scomode quando meno se lo aspetta. 

L’immaginazione e gli stati d’animo di Rakel entrano letteralmente in scena prendendo la forma dei suoi fumetti. In una continua alternanza tra live action e animazione, le inserzioni colorate richiamano il medium di riferimento (il graphic novel Fallteknikk di Inga Sætre, anche co-sceneggiatrice), ma soprattutto permettono agli spettatori di vivere più da vicino le emozioni provate da Rakel, come quando il suo cuore si illumina di una luce nuova o l'angoscia si abbatte su di lei come un temporale o riesce a rialzarsi dopo aver appreso l’arte di cadere.

Frizzante e commovente al tempo stesso, Ninjababy gioca vorticosamente con gli stereotipi, soprattutto quelli legati ai ruoli di genere, alla maternità e alla paternità, e li abbatte a colpi di umorismo, riuscendo però, al contempo, a non annullare la carica emozionale di argomenti così delicati.