“Se le nostre vite non valgono, allora noi scioperiamo” era uno degli slogan del movimento transfemminista Non Una di Meno (Nudm) in occasione della giornata (non di festa, ma di lotta, come precisano le attiviste) dell'8 marzo 2017. Proprio quello slogan, che riassumeva la volontà del movimento di mettere in pratica delle forme di blocco della produzione e della riproduzione sociale, dando vita a uno sciopero globale delle donne, aveva catturato l'attenzione della regista Maria Arena, spingendola a partecipare per la prima volta alla manifestazione milanese.

A sette anni di distanza dal suo primo lungometraggio Gesù è morto per i peccati degli altri – un racconto su transessualità, prostituzione ed esclusione sociale nel quartiere catanese di San Berillo –Maria, cinquantenne, donna, madre, documentarista, docente, catanese trapiantata a Milano, si mette in discussione a partire dalla propria personale esperienza di donna, parte da sé per indagare su cosa significhi oggi essere “femminista”.

Proprio perché quello del film è un percorso al contempo personale e politico, la documentarista decide di mostrarsi nel proprio spazio intimo della casa e della stanza tutta per sé e usa queste scene come momenti di riflessione personale che si alternano alle riprese – tutte rigorosamente con camera a mano – nelle piazze, nelle strade, alle assemblee e ai presidi. Si tratta quindi di un cammino di indagine e conoscenza: Maria attraversa le strade della città, accedendo a quegli spazi percorsi e vissuti dalle attiviste di Nudm di Milano, segue il movimento e ne traccia la storia in un lavoro che si articola su tre anni di tempo.

La regista si pone l'obiettivo di sottolineare l'importanza di svelare quel terribile inganno che avvolge le nostre vite nella società contemporanea: che i diritti conquistati dalle donne siano davvero acquisiti, che nelle narrazioni ci sia sufficiente spazio per le donne, che la violenza sulle donne sia un problema privato e non pubblico, che “patriarcato” sia una parola appartenente al passato.

Non abbiamo modelli femminili di riferimento. Non perché non esistano, ma perché non ci vengono raccontati, spiega un'adolescente durante un corteo. Maria Arena, con il suo racconto in voice over, tenta proprio di ridare voce a donne che non ne hanno avuta abbastanza, come Olympe de Gouges, importante figura della Rivoluzione francese ma dimenticata dalla storia, che qui “compare” in una sequenza di animazione che non stride affatto con le immagini documentarie, ma anzi costituisce una piacevole parentesi all'interno del racconto.

Il docu-film tesse le fila di Non Una di Meno, eterogeneo nelle diverse anime che lo compongono, e riesce a restituire la complessità e l'ampiezza di un movimento che, nonostante il vasto seguito nazionale (e mondiale) grazie anche a una solida struttura comunicativa attraverso i canali social, non viene mai raccontato dai media italiani.

Finanziato grazie a Infinity Lab e a un crowdfunding su Produzioni dal Basso, il documentario è disponibile sulla piattaforma Infinity ed è stato scelto da diverse sale italiane come film da proiettare in occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere. Il terribile inganno è descritto come un “viaggio in cui guardo innanzitutto al futuro con un desiderio di cambiamento verso tutto ciò che non avevo interrogato”, un viaggio di denuncia che si conclude con la potenza di un canto di ribellione che unisce le donne di tutte le età e di tutto il mondo.