Ciò che oggi rimane del western movie residua da un immaginario al grado massimo di riconoscibilità, che da una parte è in balia delle ibridazioni, obbligato cioè a concedersi ad altri linguaggi per sopravvivere alla contemporaneità e quindi a negoziare la propria iconografia con qualcosa di meno ossificato, e dall’altra è invece così consumato e ribadito che ogni sua dinamica sembra l’esito di una riproposizione, o peggio ancora di un riciclaggio. È pur vero che il racconto di conquista della frontiera americana si è trovato nel mezzo tra epica e passato: la mitologia del “vecchio west” è stata un momento di intermediazione tra il bisogno della prima e l’assenza del secondo, è stata costituita per surrogare un sentimento di collettività altrimenti inesistente, in definitiva ha prodotto e generato Storia laddove di Storia non c’era traccia (e, se c’era, aveva certamente tutt’altro aspetto).
Poco importa allora che il genere abbia prima glorificato e poi contraddetto le sue ragioni e le sue leggi; una volta messa in circolo, l’epica di frontiera ha mantenuto intatto il suo statuto di mito, almeno finché di quel passato non si è più percepita la necessità, o ne è stato semplicemente avvertito l’artificio. Ecco perché nel cinema di oggi i richiami sensoriali a quel mondo sono così marginali: la sua mitologia è stata ampiamente espletata e persino la sua contestazione ha esaurito tutte le argomentazioni possibili. A cominciare proprio dal 1992, quando la rivoluzionarietà assoluta de Gli spietati incartava e risucchiava definitivamente il genere fino al suo collasso. Da lì in poi tante cose, anche egregie, ma mai altrettanto decisive.
Tra revivalismo e aggiornamento, tra nostalgia e sfruttamento, insomma tra l’amore per quelle suggestioni e il tentativo di farle dialogare col presente, il western ha mantenuto il suo carattere di immortalità e il suo fascino inestinguibile pur essendo, in fin dei conti, drammaturgicamente bloccato. Notizie dal mondo è l’esempio perfetto di questa tendenza. Lo sguardo di Paul Greengrass resuscita quel mondo, ripesca quelle seduzioni e sintonizza quel plesso di segni sulle possibilità di riflessione poste in gioco dalla modernità.
Per esempio sono da tutt’altra parte Tarantino, con le sue rielaborazioni personalissime, affogate in continue manomissioni e sabotaggi, o i fratelli Coen, che in quel lontano passato sembrano rintracciare la dimensione aurorale del caos e dell’insensatezza alla base dell’esistenza umana. Insomma, gli esperimenti più originali fatti con il genere hanno sede altrove, mentre Notizie dal mondo è senz’altro un caso di prossimità al canone, sulla falsariga del pur notevole Hostiles.
Il capitano Jefferson Kyle Kidd, reduce della guerra di secessione, si guadagna da vivere spostandosi da un paese all’altro per leggere alle comunità locali le notizie dei giornali; lungo la strada incontra per caso una bambina sola, che anni prima gli indiani avevano strappato ad una famiglia di origini tedesche per crescerla come una di loro. Un po’ per compassione e un po’ per obbligo morale, Kidd decide di riportarla dai parenti rimasti a San Antonio. Se è vero che il viaggio lungo i territori della frontiera è il tropo su cui si fonda la rappresentazione della mitologia western al cinema, perché consente di lavorare per sineddoche e quindi di assicurare al racconto una prospettiva macroscopica, globale, allora il film di Greengrass è totalmente classico.
Rispetto a quelle atmosfere, Notizie dal mondo non è interessato ad un rifacimento in termini espressivi o narrativi, quanto piuttosto all’aggiornamento in una chiave di concessioni al contemporaneo e alle sue urgenze. Kidd e la piccola Johanna attraversano un paese che è già allo stadio di relitto nel momento stesso in cui dovrebbe invece costruirsi, inasprito dalla guerra e impegnato a preservare le sue autonomie comunitarie senza possibilità d’integrazione; che sia il riflesso del mondo post-pandemia, col suo carico di incertezza e rabbia ancora in fase di accumulo, o che sia l’immagine di un’America uscita a pezzi dall’era Trump, il film non riscrive la mitologia ma piuttosto ne proroga la struttura in modo che la sintomatologia di quel malessere sviluppi le stesse frustrazioni del nostro mondo.
Il razzismo, la fobia dello straniero, la narrazione performativa come antidoto alla disinformazione e alla manipolazione dei media, l’odio e il conflitto sociale: tutto questo surplus di argomenti accomodati sulle sconfinate praterie del west, su cavalli e carovane, tra la polvere sollevata ad ogni passo e le sparatorie coi briganti, tra misteriosi incontri con gli indiani e storie raccontate davanti al fuoco, in un viaggio che insieme è scoperta e ritorno.
Notizie dal mondo ripropone i connotati del mito senza abrogazioni, in maniera così solida e rigorosa che il ricorso a quell’immaginario, pur non avendo la messa in questione radicale del già citato Hostiles o l’ironia de I fratelli Sisters, non è soltanto un diversivo per parlare d’altro, ma anzi la potente rievocazione di un linguaggio consumato, forse addirittura superato, ma ancora capace di essere lascito. Di essere, insieme, scoperta e ritorno.