“Nel Far West un cowboy su quattro era nero, ma il cinema ha sempre preferito mostrare donne e persone di colore in posizioni di sudditanza o schiavi (…): la bugia è quella che ci è stata propinata da Hollywood finora”. Le parole di Jeymes Samuel, cantautore noto come The Bullits all’esordio nel lungometraggio, sono essenziali per comprendere l’intento di The Harder They Fall, all-black-stars western frutto di una lavorazione decennale che si inserisce appieno nel percorso di rilettura della storia nazionale dal punto di vista di chi ne è stato regolarmente oscurato se non escluso.
Quello che potrebbe apparire un divertissement cinefilo è invece l’azzardo di toccare il genere per eccellenza dell’elegia americana, attraverso il quale il pubblico novecentesco ha costruito un proprio immaginario e una – in buona parte falsa – coscienza storica. Il mito della terra selvaggia conquistata, domata e civilizzata dai bianchi ha rappresentato per decenni la fondamentale convinzione di essere nel giusto, gli eroi, i portatori di valori e ideali sui quali si è formato il pensiero maggioritario e il sogno a stelle e strisce da cui, per diritto ereditario, non si può essere svegliati.
Che un regista afroamericano racconti un West atipico, popolato da cowboys neri non è una novità per il cinema statunitense. Già alla fine degli anni Trenta il mandriano canterino Hebb Jeffries interpretava race films western-musicali, così come Non predicare… spara! di Sidney Poitier e Posse di Mario Van Peebles costituiscono i rari predecessori dell’opera di Samuel, revenge movie di alto livello tecnico e stilistico che strizza l’occhio al cinema di Sergio Leone, il primo ad aver riletto da fuori l’epopea western per il grande schermo.
Ma il regista compie un passo ulteriore, scrivendo un racconto di fantasia basato su personaggi realmente esistiti più di un secolo fa. È dunque il fondamento storico a legittimare l’operazione dell’autore, che tenta di dar voce così ad anonimi protagonisti di leggendarie imprese assimilate e rielaborate in chiave bianca non solo da Hollywood, come dimostrano i quasi quaranta saggi di William Loren Katz, studioso dell’argomento. La storia afroamericana si dimostra allora ancora una volta la storia di una privazione, un mancato riconoscimento del contributo essenziale – nel bene e nel male – alla costruzione del Paese che invece molti nuovi intellettuali neri sembrano riconoscere oggi quale prerogativa del proprio lavoro.
A dare spessore ulteriore a The Harder They Fall è la colonna sonora che a brani di Jay-Z, Fela Kuti, Lauren Hill, Seal, Alice Smith, affianca pezzi scritti e interpretati dal regista stesso che alterna rap e reggae passando per blues, soul, funky e sinfonica offrendo un interessante spunto per interpretare il film. La guerriglia nella sperduta cittadina per soli neri di Redwood tra la banda di Nat Love e quella di Rufus Buck, omicida dei genitori del primo, non pare troppo lontana da quelle odierne tra le gang nei ghetti, luoghi di isolamento dove la giustizia privata e sommaria fa da padrona, idea rafforzata proprio dalle musiche che accompagnano le scene. I ritmi moderni e contemporanei che scandiscono le azioni creano così un ponte tra passato e presente, quasi a indicare che in fondo la vita dei neri è ancora un Far West, in continuo conflitto tra tame e wilderness.
È questo forse l’aspetto più originale di una pellicola che nonostante il grande potenziale mostra evidenti lacune in due essenziali aspetti della narrazione. Lo scarso approfondimento psicologico dei personaggi, che risultano abbozzi caricaturali caratterizzati ognuno da un personale tratto peculiare, e l’assenza di un contesto storico, sociale o culturale che faccia da cornice al racconto, rendono il film un’opera monca. Una rilettura del genere di riferimento i cui intenti sfumano facilmente in un citazionismo fine a se stesso che purtroppo ben poco aggiunge a quanto già detto ad esempio in Concrete Cowboy di Ricky Staub, ambientato in una comunità di odierni cowboy neri custodi di un passato e una tradizione altrimenti dimenticata: un film meno ambizioso, ma più efficace nel portare alla luce misconosciuti aspetti del passato americano.