Alla seconda prova di lungometraggio dopo il fortunato esordio con Theatre of War (2018), Lola Arias scrittrice, regista teatrale e cinematografica argentina nota per l’approccio creativo multimediale e per i suoi progetti di collaborazione che spesso coinvolgono gruppi emarginati e socialmente fragili, torna alla regia con Reas, presentato nella sezione Forum alla 74esima Berlinale, un re-enactment della vita di un gruppo eterogeneo di donne ed altre soggettività eccentriche nell’ex carcere femminile di Caseros a Buenos Aires, in passato teatro di torture ai desaparecidos e oggi luogo desolato in pieno abbandono.

La messa in scena teatrale calata nel genere musical offre ad Arias una forma congeniale per realizzare, attraverso il lavoro collettivo, una rappresentazione che mira a fondere realtà e finzione: i personaggi interpretano se stessi rievocando l’esperienza della prigione e immaginando, con l’uso della fantasia, un’altra vita possibile.  La regista si appropria degli stilemi del genere per compiere un atto politico di riabilitazione sociale ad alto contenuto poetico, restituendo ai suoi interpreti il diritto di sognare e raffigurarsi un futuro migliore.

La musica e la danza diventano modi perfetti per esplorare i ricordi di Yoseli (la protagonista) che ha scontato una pena di 4 anni per traffico internazionale di stupefacenti, di Nacho, un detenuto trans condannato per rapina ad un bancomat, di Pato, di Cinthia, di Estely, e di altre esistenze che vivono ai margini della società argentina ree solo di aver commesso atti di microcriminalità. Il genere musical, che tradizionalmente si caratterizza per l’immissione nel tessuto narrativo di seducenti momenti coreografici e rappresenta mondi in modo stilizzato e romantico con attori e ballerini virtuosi diviene, nella forma ibridata scelta dalla regista, uno strumento estremamente originale per ricostruire le storie reali di un gruppo di persone effettivamente prive di formazione recitativa o musicale, per farle risplendere in modo insolito.

Affermatosi come genere cinematografico nell’America economicamente depressa degli anni 30, dopo il crollo di Wall Street, il musical rappresentava una delle forme di evasione per il pubblico sia per le sue storie edulcorate e a lieto fine, che per i numeri danzati, parte integrante della narrazione e metafora della gioia dei protagonisti e del loro mutuo appartenersi.

Una delle caratteristiche più interessanti di Reas è l’operazione di contestualizzazione delle danze realizzata dalla regista, che attualizza gli stilemi del musical al contesto carcerario del film: in diverse scene viene, ad esempio, utilizzata la pratica del voguing (portata alla ribalta dalla celebre hit di Madonna) che nasceva nelle ballroom di New York negli anni '80 e veniva performata principalmente da appartenenti a comunità marginalizzate, come le  queer community black e latine di Harlem; successivamente le pratiche divennero vere e proprie sfide a colpi di posa, dove i partecipanti si fronteggiavano per vincere, aggregati in collettivi fortemente autoreferenziali ed inclusivi. 

Tutti i personaggi del film, illuminati da una inaspettata poesia, rinascono insieme in un flusso costante di nuovi sodalizi e legami, vivendo con coraggio e con consapevolezza il proprio corpo, spesso tatuato coi nomi di amori del passato; la forza ritualizzata delle pratiche di voguing e di cumbia villera nel cortile del carcere, le performance con la band pop-rock nelle anguste stanze della prigione, diventano per ognuno di loro fonte di empowerment e potente affermazione del sé.

Yoseli diventa amica di Nacho, il romanticismo e l'amore si intrecciano teneramente attraverso la temporanea comunità di gruppo che rivive, sublimandola in maniera gioiosa e catartica l’esperienza della coercizione dopo aver scontato ormai la pena.