Se c’è una cosa di cui possiamo essere certi (e più che contenti) è la stragrande presenza di cinema LGBTQI, in sala e all’interno dei più noti circuiti festivalieri, tra cui spicca senz’altro il Gender Bender, quest’anno alla sua quindicesima edizione. La selezione spazia da titoli già abbastanza importanti - Girl di Lukas Dhont, presentato al Festival di Berlino o Pride di Matthew Warchus, premiato con la “Queer Palm” a Cannes – a storie, se ci spostiamo più in là, verso l’Africa Orientale, di e sul confine tra amore e sicurezza o sulla rivendicazione della propria identità e sessualità, all’interno di un contesto socioculturale schiettamente patriarcale ed esclusivo – Rafiki, Mujer Nomade.
Dai moti di Stonewall, o dall’uccisione di Harvey Milk nel 1978, sembra ne sia passato di tempo e che si siano fatti progressi nel riconoscere uguaglianza e pari diritti a chi soltanto quarant’anni fa ne veniva brutalmente depredato, spogliato e lasciato così, inerme, ai cigli delle strade. Sembra che la situazione si sia “normalizzata”, in un certo senso. In un certo senso. Ed è proprio per questo margine di dubbio che è bene ritornare su un passato di lotte, resistenza e sangue, anche a costo di calcare la mano, di risultare retorici, di sfidare la consapevolezza di chi guarda con immagini di violenza impensabile, talvolta suggerite, talvolta riportate in tutta loro crudezza e verità, come ha scelto di operare Jeffrey Walker in Riot, trasposizione dei fatti e degli eventi che portarono al primo Mardi Gras di Sydney.
Nonostante le poche sottotrame presenti e la creazione di dinamiche interne ad alcuni personaggi piuttosto che ad altri, si tratta pur sempre di un film basato su eventi realmente accaduti e che sceglie di privilegiare un approccio quasi più documentario, di lineare flusso di ciò che è stato, divertendo, stimolando e tenendo, soprattutto, viva la memoria, stante il bisogno di unire arte, attivismo e politica in un connubio che risulta concedere spazio a tutte e tre le occorrenze, senza, però, calarsi alle radici, vagliare ed esaminare. C’è il femminismo, l’utopia comunista, i diritti dei gay, i trans, ma nulla è davvero sviscerato, ricondotto a un complesso di significati, provocando solo la sfera emotiva dello spettatore.