Sotto le stelle in piazza Maggiore è stata una serata all'insegna del muto, ma piena di musica. Protagonista dell'evento è stata Rosita, nella versione recentemente restaurata dal MoMa.

Questo film, che rappresenta la prima pellicola hollywoodiana del regista europeo Ernst Lubitsch, è il prodotto di un grande compromesso. Mary Pickford, all'epoca star di fama internazionale, fu la commissionatrice dell'opera. Inizialmente cercò di far dirigere a Lubitisch Dorothy Vernon of Haddon Hall, ma egli rifiutò con decisione, intenzionato a convincere Mary Pickford a interpretare Margherita nel Faust (Goethe). Ma l'ambiente hollywoodiano non era certo adatto per poter vendere alta cultura, quando Lubitisch lo capì i due trovarono un punto di incontro con Rosita, derivata dal Don Cesar di Bazan (Dumanoir e d'Ennery).

Mary Pickford interpreta brillantemente la protagonista Rosita, cantante di strada di Siviglia, la quale suscita gli ardori di un re donnaiolo. Mentre la corteggia sotto gli occhi della regina saggia e risoluta, ma indulgente, la popolana si invaghisce di un nobile che la salva dalle grinfie delle guardie reali durante un arresto. Dopo alcune difficoltà i due innamorati riusciranno a coronare il loro amore. Se la vicenda di Rosita e il suo amato viene narrata con affetto e vivacità, si può scorgere un'attenzione più profonda per la coppia reale, caratterizzata da dinamiche relazionali molto più complesse. Nonostante le imperfezioni, la loro unione riuscirà a superare le intemperie della vita e uscirne rafforzata.

I personaggi femminili sono rappresentati come forti personalità, tanto che questa commedia potrebbe essere definita una “commedia al femminile” per l'atteggiamento ironico con cui vengono messe in scena le debolezze maschili. La caratterizzazione ben studiata dei personaggi e la forte espressività con cui questi sono interpretati sopperiscono in molti punti a un intreccio a tratti alquanto debole.

Secondo Scott Eyeman, biografo di Lubitsch, Rosita è “uno dei film muti fisicamente più belli” in cui si può vedere chiaramente l'affiorare di quello che è stato definito dalla critica il “Lubitisch touch”: ovvero la capacità di dipingere scene tali da non avere bisogno di spiegazioni ulteriori, di evocare emozioni e atmosfere per mezzo di luci, composizioni e montaggio, di mettere in scena gesti che riassumono l'intera fisionomia di un personaggio, in poche parole di arrivare in modo pregnante allo spettatore per mezzo del solo linguaggio cinematografico non verbale. Come scrive Guido Fink, "nel cinema di Lubitsch il non detto, il silenzio, il non visto, contano quanto le parole e le immagini".

Sotto le stelle, nell'incompiutezza della piazza, il gioco di gesti e sguardi del prodotto di Lubitch è stata completato dalle musiche della Mitteleuropa Orchestra, diretta da Gillian Anderson.