Tutti noi conosciamo il Taj Mahal, mausoleo monumentale considerato tra le sette meraviglie del mondo. Shiraz: a Romance of India narra la storia di come nacque questo splendido monumento, in un momento in cui, dopo secoli di abbandono, era appena terminato il restauro ad opera del Viceré britannico Lord George Nathaniel Curzon. Quanto raccontato nel film non rispecchia fedelmente la realtà storica, ma riprende per certi versi la tradizione favolistica orientale. Il motivo è semplice, il film è una produzione indiano-britannico-tedesca pensata per il pubblico occidentale con l’idea di aprire un collegamento tra queste due culture. Himansu Rai, produttore e attore protagonista del film, aveva chiaro in mente come ad un pubblico europeo interessasse più l’aspetto esotico della vicenda più che la verosimiglianza storica.

Vengono così messe in scena le vicende di Selima, giovane ragazza di nobili natali, che, sopravvissuta miracolosamente al massacro delle sue genti nel deserto,viene adottata da una famiglia di vasai, tra cui troviamo Shiraz, che si innamora follemente di lei. Un giorno,però, i predoni del deserto rapiscono la ragazza per venderla al mercato degli schiavi. Viene acquistata dal Principe Khurram che ne farà la sua imperatrice. In tutto questo il fedele Shiraz vigilerà su di lei da lontano. Alla morte di Selima l’imperatore chiede ai sudditi di costruire un progetto per la tomba della moglie e il vincitore sarà ovviamente Shiraz, ormai completamente cieco, ma capace, grazie al volere divino e il suo immortale sentimento, di dare vita a questa ultima creazione. I due, uniti dall’amore per Selima, vigileranno insieme sulla costruzione del Taj Mahal.

Shiraz è un film che non lascia indifferenti, ha una sensibilità poco occidentale ma che riesce ad affascinare lo spettatore. Allo stesso tempo, però, viene il sospetto che quanto vediamo sia forse un tipo di esotismo a uso e consumo della nostra cultura, seguendo quell’orientalismo, ben noto in ambito antropologico, che spinge verso una rappresentazione di un’India fortemente stereotipata. Pur tenendo presente questi fattori non è possibile restare impassibili di fronte agli splendidi paesaggi, la diversità delle genti, dei ricchi palazzi o in generale degli usi e costumi locali. Questo aspetto è reso ancora più godibile dalla straordinaria qualità del video, restaurato in 4K dal BFI a partire dal negativo camera originale e da un controtipo positivo di conservazione.

Le musiche sono state curate da Anoushka Shankar che ha affrontato in maniera filologicamente ponderata la composizione: “potevo scegliere di essere fedele al periodo in cui si svolge, il Seicento; al periodo in cui fu girato, gli anni Venti; o al periodo in cui mi trovo a comporre, il presente. Alla fine è un insieme delle tre cose. Cerco di mantenere l’equilibrio […] così faccio in modo che la musica sia più coinvolgente per permettere agli spettatori di immergersi nel film”. Grazie all’estrema cura nel restauro e al comparto musicale possiamo così godere di tutti i dettagli di Shiraz e immergerci al meglio in un mondo incantato e senza tempo.