Sister Aimee, al secolo Aimee Elizabeth Semple McPherson, è esistita davvero. Non solo, ma negli anni '20 del secolo scorso solo il Papa la superava in fama come figura religiosa negli U.S.A. Ovvia la fascinazione delle sceneggiatrici e registe Samantha Buck e Marie Schlingmann verso una figura femminile così carismatica, una predicatrice evangelica in grado di incantare le folle ed essere ritenuta una guaritrice miracolosa da orde di adepti. Irresistibile dunque il dettaglio biografico di una sua sparizione, che riempì le pagine dei giornali nel 1926, cui seguì un suo ritorno alcune settimane dopo con la storia di un rapimento ritenuto alquanto improbabile dalle forze dell'ordine dell'epoca.

Di lì l'idea di costruire nell'eponimo Sister Aimee, presentato al Sundance e riproposto a Gender Bender 2019, un mirabolante resoconto di quel breve periodo, per inevitabilità storica esatto solo al 5½ per cento, come dichiarato con fare divertito sin dall'inizio per mettere ben in chiaro il tono del film. Sister Aimee (Anna Margaret Hollyman) viene dunque immaginata in fuga col suo amante sposato Kenny (Michael Mosley), da lei a più riprese chiamato sbadatamente Bobby, dopo aver sentito il peso delle aspettative altrui sul suo ruolo di salvatrice. Nel loro viaggio verso il Messico, vengono guidati dalla risoluta e indecifrabile Rey (Andrea Suarez Paz), vera e propria leggenda vivente in incognito, il cui rapporto con Aimee passerà nel corso di varie avventure dalla reciproca diffidenza, all'ammirazione, a un'amicizia che sconfina nell'amore.

Il rapporto fra le due donne, nel quale il pomposo quanto vacuo Kenny finisce ben presto per essere messo da parte, è senza dubbio il punto forte di questa commedia che si diverte a giocare coi generi quanto coi temi, con incursioni nel western, nel musical, persino negli interrogatori da gangster movie, sostenuto da una prova eccellente del direttore della fotografia Carlos Valdes-Lora.

Peccato che questo approccio tongue-in-cheek, senza prendersi mai troppo sul serio, renda Sister Aimee un divertissement elegante e rivelatorio della brillantezza delle sue autrici, ma non aiuti né il coinvolgimento dello spettatore nelle vicende narrate, né la definizione dei personaggi. E a tal proposito non giova al film nemmeno una prospettiva talmente angolata sul versante femminile, nella quale gli uomini sono al peggio crudeli e prepotenti e al meglio egoriferiti e creduloni, da fargli alfine perdere parte della potenziale forza femminista.