Narrato dalla voce dell’artista e musicista americana Laurie Anderson, Sisters With Transistors (2020) non è un semplice documentario sulla musica elettronica ma un importante tributo al lavoro pionieristico di un gruppo di donne in un campo, quello della composizione musicale, considerato di quasi esclusiva pertinenza maschile. Per sconfinare nella composizione musicale, le donne al centro del documentario dell’esordiente Lisa Rovner hanno inoltre utilizzato strumenti come le nuove tecnologie, anch’esse concepite dal senso comune come proprietà maschile. Sisters With Transistors mette quindi al centro della propria narrazione certamente il contributo di artiste donne allo sviluppo del genere della musica elettronica, ma anche il loro contributo al cambiamento dei rapporti di genere all’interno della società occidentale attraverso il secolo scorso.
Attraverso le testimonianze di Clara Rockmore, Daphne Oram, Bebe Barron, Pauline Oliveros, Delia Derbyshire, Maryanne Amacher, Eliane Radigue, Suzanne Ciani e Laurie Spiegel, il documentario illustra il progressivo potenziale di emancipazione della musica elettronica per questo gruppo di donne le cui opere ed esibizioni attraversano tutto il Novecento, non soltanto la sua seconda metà. Abbracciando la composizione elettronica e le nuove tecnologie, le donne protagoniste di Sisters With Transistors sono riuscite ad abbattere il muro di silenzio entro il quale le istituzioni musicali controllate da maschi le relegavano, rendendo impraticabile un’autorialità femminile.
E anche questa è una definizione limitante in quanto nei commenti di alcune di loro si scorge già un’attenzione verso l’intersezionalità, la sovrapposizione di diverse identità sociali. Pauline Oliveros, compositrice apertamente lesbica, propone, per esempio, di imparare ad apprezzare la musica composta da uomini, donne e persone di tutte i colori, evocando un completo cambio di consapevolezza nell’intero campo musicale. “Tutti hanno il diritto di essere ascoltati”, dice Oliveros ad un certo punto del film, “con la consapevolezza che ascoltare vuol dire guarire”. La guarigione, ovviamente, non è qui tanto medica quanto psicologica, rispetto alle discriminazioni e le privazioni subite.
Effettivamente, le artiste che Rovner accomuna come “sorelle” non avevano la consapevolezza di essere parte di un’unica famiglia. I loro stili compositivi e i loro mezzi tecnologici sono i più diversi. Daphne Oram creerà uno strumento, l’Oramics, per convertire segni grafici in suoni, Clara Rockmore porterà il theremin a livelli di virtuosismo che le apriranno le porte di prestigiose sale da concerto e le frutteranno un’offerta di contratto da Hitchcock, Delia Derbyshire e Suzanne Ciani utilizzeranno la manipolazione di suoni registrati su nastro per creare composizioni iconiche, rispettivamente il tema di Dr Who del 1963 e gli effetti acustici per lo spot della Coca Cola.
Eppure, nonostante non possa produrre documenti di scambio reciproco tra le artiste, Sisters With Transistors tesse in modo convincente la propria tela narrativa, collegandole idealmente anche alla stessa narratrice, Laurie Anderson, musicista d’avanguardia che, come le pioniere del documentario, utilizza la musica elettronica per portare avanti istanze di cambiamento sociale e crea i propri strumenti musicali per suonare le sue composizioni.