Basterebbe la didascalia in apertura a inquadrare lo spirito e l’idea al centro del bellissimo film di Yasujirō Ozu Sono nato, ma…: “libro illustrato per adulti”. Il regista giapponese fa subito entrare in risonanza i due universi di cui intende occuparsi, il mondo dei bambini e quello degli adulti. Mentre è al primo che sono abitualmente destinati i libri illustrati, qui Ozu vuole parlare (anche) agli adulti, usando un linguaggio molto chiaro e ambientando il suo racconto nel mondo dei bambini.

La storia dei due fratellini protagonisti che, trasferitisi nella periferia di Tokyo, devono affrontare il bullismo dei nuovi compagni di scuola è infatti interamente raccontata dal loro punto di vista. Non si creda tuttavia che il loro campo visivo sia ridotto: come avrebbe detto Vittorio De Sica, i bambini ci guardano e Ozu riesce a rappresentare perfettamente ciò che vedono.

Sono nato, ma… racconta della crisi della figura paterna agli occhi dei figli: le aspettative deluse, il confronto con altri padri che sembrano “pezzi grossi” rispetto al proprio, la perdita della stima sulla base delle umiliazioni subìte dal genitore. Ma il film racconta anche il superamento di questa crisi, con la comprensione dei sacrifici dei genitori, le conseguenze dell’abnegazione paterna sulla qualità della vita dei figli, la possibilità di vedere soddisfatte le proprie elementari esigenze come l’istruzione e il nutrimento grazie ai compromessi a cui si abbassano i padri.

Nel mezzo, il film ci mostra come il mondo dei bambini, esattamente come quello degli adulti, abbia le proprie regole: di potere, di prevaricazione, di solidarietà. Si cercano alleanze contro un nemico, si guadagna o si perde la reputazione, si prende o si concede il potere di dominare gli altri. Ozu, pur inserendo nel racconto alcuni momenti veramente esilaranti, prende queste dinamiche molto sul serio: gran parte del film è girato con inquadrature ad altezza bambino, nella quasi totalità dei casi i grandi sono l’oggetto di uno sguardo dei piccoli, che li osservano per capire il mondo. Quando non capiscono oppure si imbattono in meccanismi a loro parere sbagliati, si ribellano.

Ryoichi e Keiji iniziano così uno sciopero della fame (che avrà invero una durata assai limitata) perché rifiutano il cibo comprato con uno stipendio che il padre (Tatsuo Saitō) riceve da un uomo posizionato più in alto di lui nella scala sociale: lui dovrebbe pagare lo stipendio al direttore! Solo la pazienza e l’amore paterno (ma anche la tenerezza della madre che prepara loro gli onigiri) riusciranno a smuoverli dalla loro posizione e mettere le cose nella giusta prospettiva, facendo loro vedere il padre sotto una nuova luce.

Di fatto, Sono nato, ma… coglie i due protagonisti in un momento cruciale del loro diventare adulti e il fatto che siano due fratelli risulta fondamentale: Keiji e Ryoichi hanno un rapporto strettissimo, fondato sull’adulazione del più giovane nei confronti del maggiore e sul sostegno reciproco. I due piccoli attori sono davvero bravissimi, teneri e divertenti.

Tutti gli elementi della messa in scena e del racconto contribuiscono a farci riflettere sui grandi temi che Ozu vuole approfondire: le dinamiche familiari e quelle sociali, le leggi che le governano, l’importanza della disciplina, il confine labile tra umiliazione e accondiscendenza, il rapporto tra la sottomissione e il vantaggio o tra il compromesso e l’ipocrisia.

Sullo sfondo, la modernità che avanza, con i treni, i passaggi a livello, le automobili, gli uffici, i vestiti occidentali che si contrappongono agli abiti tradizionali.