Tra i monti Appalachi, in un villaggio minerario dell’Ohio meridionale, vive una famiglia spuria, sfaldata, la cui totale disgregazione è rimandata dall’incombenza quotidiana di sopravvivere. Durante una festa paesana la musica folk accende i corpi degli abitanti più giovani, dimostrando che anche oltre i confini urbani soffia un alito di sfrenatezza, sintomo dell’imminente rivoluzione sessuale. Ma in questa campagna niente affatto bucolica, che richiama la fissità irrequieta degli scenari pittorici di Andrew Wyeth, la liberazione del desiderio assume la maschera grottesca di un semi-incesto. I figli maggiori, Carl e Jessie, il cui legame di sangue è dubbio, consumano un'intimità che sfocia nella gravidanza della ragazza. Un atto di sfida alla norma familiare, o un’esasperazione delle sue devianze? Difficile dare una risposta.

Spring Night, Summer Night è un film che rifiuta di dispiegarsi totalmente, sempre in bilico tra il detto e il non-detto, tra il visto e il non-visto. Joseph L. Anderson e Franklin Miller (coregista non accreditato) precludono ai personaggi l’accesso alla verità, così come negano agli spettatori uno sguardo privilegiato sul racconto. Il rapporto sessuale fra i fratellastri, su cui grava peraltro un sospetto di stupro, è reso con un sapiente gioco di stacchi e inquadrature allusive, piuttosto che illustrative.

I dialoghi sono inghiottiti da un’ambiguità irrisolvibile, ben resa in due sequenze emblematiche. Nella prima vediamo Jessie e Carl discutere nell’abitacolo dell’automobile, ma non ci è concesso sentirli; nella seconda li ascoltiamo parlare, ma la macchina da presa fugge dai loro volti, e vaga attraverso il paesaggio circostante. Emerge un senso di sospensione, di evasività, che persino il titolo, nel suo riferirsi in maniera duplice alla stessa notte, contribuisce ad alimentare.

Gettando lo sguardo su una piccola comunità agreste, Anderson e Miller fotografano una società in piena transizione. Ne percepiamo tutta l’indolente incredulità, la rassegnata apatia, più tardi esacerbate in film come The Last Picture Show di Peter Bogdanovich e Wanda di Barbara Loden. Scavalcato al New York Film Festival del 1968 da Faces di John Cassavetes, Spring Night, Summer Night è un altro indimenticabile film di volti, splendido nella sua grazia incompiuta di opera acerba.