Ildikó Enyedi ha fatto una scommessa. Abbandonare la sceneggiatura per confrontarsi con un adattamento di un romanzo, nello specifico La storia di mia moglie di Milán Füst, e battere una nuova strada nel suo cinema. Un’inezia in confronto a quella che il capitano olandese Jakob Störr (Gijs Naber) fa con il destino, decidendo di sposare una donna sconosciuta incontrata in un ristorante stuzzicato da un infingardo Sergio Rubini. Non è un’esagerazione narrativa, ma la premessa ideale per un viaggio nei territori misteriosi della psicologia umana. Se poi la donna in questione, Lizzy, è interpretata da un’affascinante Léa Seydoux, il rischio di perdersi non può esimersi dal diventare certezza.

Le reminiscenze del capitano Störr si intrecciano nel tentativo di dare un’organizzazione significativa ai brandelli creati dall’impeto di un amore casuale. Serve a questo la suddivisione in capitoli, oltre a informarci che il filo con l’opera di riferimento è ben lungi dall’essere reciso. La regista ungherese prova a imbrigliare un caos foriero di stelle danzanti con una griglia interpretativa dal sapore analitico, utilizzando il protagonista come campo di battaglia. Il gioco si trasforma lentamente in azzardo mentre il sentimento diventa un vizio.

Storia di mia moglie racconta la perdita del controllo di uomo su una vita di cui era convinto di poter reggere il timone senza sforzo alcuno. Ci vogliono quasi tre ore per mostrare la tempesta a cui si è esposti nel mare aperto, senza il riparo di un porto sicuro, dal momento che non si può resistere all’adrenalina di un vortice indomabile. Se appartenesse al regime dell’ordinario, non sarebbe gustoso precipitarvi dentro. Jakob Störr trova nella sua Lizzy l’ossessione che non aveva concepito nel suo stare al mondo: la possibilità di esperire la stessa realtà attraverso un’altra persona.

Il passaggio, lento ma incessante, dall’onnipotenza alla disillusione è puntellato di immagini che dovrebbero provare a visualizzare un distinto camino a pieno regime, le cui scintille incandescenti hanno superato la soglia di sicurezza incendiando la sala circostante. Ildikó Enyedi vorrebbe far vedere anziché raccontare, ma le buone intenzioni si fermano a una fiammella fredda senza nessun tipo di pericolo. Tutto quello che arriva dallo schermo è un misto di intuizione e deduzione, sulla scia del tormento caratteristico dell’innamoramento sfrenato. Non c’è modo di cancellare la sorgente originale e resistere all’impulso di rintracciare una traduzione letterale piuttosto che un adattamento ispirato.

Storia di mia moglie si ferma al palo per aver creduto di poter controllare una materia intima e incandescente senza abbandonarsi ad essa. Non è stato sufficiente fornirle un ampio minutaggio e una forma in costume per renderla viva al di fuori della letteratura, facendo perdere in un sol colpo la posta in palio sia al capitano Storr che alla stessa Enyedi. Nessun fuoco greco quindi, ma soltanto dell’innocua acqua tiepida.