La sezione Cinemalibero prosegue e conclude, confermandosi una delle vetrine più suggestive del Cinema Ritrovato 2013 dopo aver proposto l’esordio di Agnès Varda, il recupero dell’iraniano Baizai, la scoperta del franco-tunisino Scialom e il cortometraggio d’esordio di Ousmane Sembène (a detta di chi scrive la visione più preziosa avuta quest’anno).

L’ultimo film in programma è l’inedito Tell Me Lies. A Film about London (1968), lungometraggio di Peter Brook inizialmente pensato per il concorso ufficiale di Cannes (edizione poi travolta dagli eventi del Maggio francese e comunque annullata). Rimasto inedito per quarant’anni, il film è restaurato nel 2012 da Technicolor Foundation for Cinema Heritage in collaborazione con Groupama Gran Foundation e presentato, sempre nel 2012, alla 69 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Tell Me Lies assurge a film-ponte (anche produttivamente) tra UK e US, tra gli ultimi fuochi del Free Cinema inglese e la nascita dei bagliori della New Hollywood, inserendosi nella contemporaneità delle produzioni indipendenti e avvitandosi e interrogandosi sulla questione del conflitto statunitense in Vietnam.

Peter Brook e la sua Royal Shakespeare Company sono impegnati a Londra per adattare l’omonimo lavoro teatrale di Denis Cannan (andato in scena nel 1966). Finzione e realtà si fondono al fine di duplicare la denuncia più esplicita. Cinema e metacinema, teatro e metateatro, suoni e visioni si intrecciano nelle riprese alternate tra colore e bianco e nero, mentre la guerra in Vietnam -a distanza- imperversa nelle coscienze del mondo. La compagnia teatrale (i membri leggendari Michael Kustow, Glenda Jackson, Peggy Ashcroft, Pauline Munro, Paul Scofield, Robert Lloyd…) si interroga di fronte alla decisione del governo britannico di sostenere il governo statunitense, mentre arte e politica, impegno sulla scena e attivismo sulla strada si fondono con stile esplicitamente brechtiano tra canzoni, monologhi, sketch, interviste e filmati di repertorio: «Un mélange di stili che espone tutti i possibili argomenti contro la guerra del Vietnam, puntando più che alla condanna dell’Occidente all’angoscia della situazione percepita», scrive Paul Schrader nel 1969 sulle pagine de «Los Angeles Free Press». Mentre passano in rassegna la ricostruzione delle ultime quarantotto ore di vita di Norman Morrison, il giovane quacquero che si dà fuoco davanti al Pentagono, e le intuizioni da pampleth satirico contro la leva obbligatoria: «Tira fuori l’uccello e chiediti se entrerà nelle ragazze del Paese in cui combatterai».