Un romanziere di successo è costretto a confrontarsi con l’eredità della sua opera quando un suo accanito lettore mette in pratica gli insegnamenti degli assassini descritti nei suoi libri. Già da questa breve sinossi è possibile evincere cosa contraddistingue Tenebre dagli altri titoli all’interno della filmografia di Argento. Fatta eccezione per il successivo e più modesto Ti piace Hitchcock?, in nessun’altra opera il maestro romano ha esplicitato tanta autoriflessività.

A differenza degli altri suoi protagonisti, spesso trascinati contro la loro volontà in macabre vicende, lo scrittore Peter Neal dovrà continuamente argomentare il suo punto di vista autoriale sulle trame cruente che ha ideato. Una giornalista lo accusa di misoginia, un altro di pubblicare storie perverse, e su tutti si staglia un misterioso assassino ispirato dalle sue parole. Si ha la sensazione che Argento si sia divertito non poco a caratterizzare – e, in alcuni casi, a far morire - questi personaggi, che rivolgono al protagonista le stesse accuse che il regista ha avuto modo di subire.

Non si tratta solamente dello sfogo di un artista, ma di riflessioni sulla personalità autoriale, su quanto possa distare la psicologia di un personaggio di finzione da quella della penna che l’ha generata. Tenebre dimostra la sua autoriflessività anche nella denuncia dialogica delle influenze che l’hanno ispirato, in primis i grandi autori di clue puzzle, Arthur Conan Doyle su tutti. Argento è però, soprattutto, un uomo di cinema, e dunque fra la varie (auto)citazioni spicca una massima del protagonista riguardo alla scrittura: "se scarti le parti noiose e tieni il resto ottieni un bestseller"; che suona molto simile a "Il cinema è a vita senza le parti noiose", pronunciata da Hitchcock in occasione della sua celebre intervista con Truffaut.

Tolto il piacere puramente cinefilo del cogliere i riferimenti nascosti, Tenebre rimane un’opera intrisa della forte riconoscibilità autoriale di Argento. Tornano scelte registiche che hanno fatto scuola, come la soggettiva dell’assassino e l’ossessiva valorizzazione del dettaglio, il depistaggio dello spettatore ottenuto manipolando la visibilità del materiale narrativo, la rappresentazione unica di una Roma fantasmatica. Le opere di Argento sono cinema allo stato più puro perché impossibili da esprimere con altri mezzi comunicativi, e ogni occasione di visione in sala va quindi colta al balzo.