Rita Andreetti, ferrarese trapiantata a Nanchino, debutta nel documentario con l’opera prima The Observer. L’osservatore al quale si riferisce nel titolo è Hu Jie, uno dei più grandi documentaristi cinesi, autodidatta non dalla tecnica perfetta ma un sapiente narratore e osservatore della realtà. I lavori di Hu Jie non sono altrettanto conosciuti all’estero quanto quelli di Ai Weiwei o Wang Bing, ma titoli come Spark o Though I Am Gone sono conosciuti nell’ambiente cinematografico indipendente, da intellettuali, da studenti, dai festival nonché dalle autorità cinesi. Spark, per esempio, parla di un gruppo di giovani intellettuali che ha denunciato ciò che succedeva nelle campagne all’epoca del Grande Balzo in avanti, mentre Though I Am Gone ripercorre la storia di un’insegnante uccisa a botte dai suoi stessi studenti durante la Rivoluzione Culturale e della quale il marito sopravvissuto ha coraggiosamente fotografato il corpo senza vita.

The Observer apre con le proteste dell’agosto 2014, quando il Beijing Independent Film Festival viene chiuso dalle autorità e i suoi film vengono sequestrati. Una memoria collettiva cancellata. Andreetti intervista Li Xiangting, stimato critico cinematografico cinese, accademico, fondatore della fondazione che porta il suo nome e ideatore dello storico - ormai entrato nel mito - festival indipendente della capitale. Già nel 2011 l’evento non aveva avuto vita facile, la location era stata spostata più volte e alla fine si tenne proprio nella casa-fondazione di Li Xianting, in un villaggio di artisti nella periferia di Pechino.

La scintilla che ha fatto chiudere il festival è stata proprio il film Spark di Hu Jie. Andreetti costruisce il suo racconto con un equilibrato parallelismo tra le sue interviste e i lavori del regista mostrando una Cina senza filtri. L’osservatore Hu Jie passa dall’altro lato e diventa l’oggetto dell’osservatore. Andreetti ricostruisce il percorso di Hu; nato all’inizio della Rivoluzione Culturale, diventa soldato e segretamente inizia a studiare inglese, viene ammesso all’accademia di Arte dell’esercito di Liberazione e lì inizia ad appassionarsi alla pittura. Dall’arte inizia il suo percorso in un’epoca in cui era circondato dalla povertà e inizia a domandarsi: perché non dipingere la realtà? Come l’arte può aiutare il popolo a vivere meglio? Un giorno un amico gli porta dal Giappone una videocamera e inizia a girare i suoi primi documentari in una Cina che non sapeva nemmeno cosa fosse un documentario, né vi era nemmeno un libro per imparare a girarne uno, né tantomeno un mercato in cui distribuirlo.

Hu Jie si fa così osservatore della realtà che lo circonda: dallo sgombro degli artisti dal Yuan Ming Yuan a Pechino da parte delle autorità, ai contadini che vanno nelle miniere di carbone per guadagnare di più in breve tempo, ma che si ammalano di silicosi senza poter più tornare ai campi; dagli allevatori di yak che migrano le mandrie in Tibet, agli orrori della Rivoluzione Culturale e del Grande Balzo in Avanti. Il suo mantra sembra essere: registrare la Storia, verità, responsabilità.

Accanto a lui si affacciano anche la figura della madre e della moglie Fen Fen. Due donne appartenenti a generazioni diverse, accomunate da un carattere molto forte e unite dalla consapevolezza dell’importanza della missione di Hu Jie. I loro visi non lo lasciano trasparire, ma dalle parole fanno intendere quanto dovesse essere difficile portare avanti questo lavoro di raccolta storica; non solo per Hu Jie, il quale affrontava il tutto senza sostegni finanziari, in mezzo al pericolo, ma anche per loro che lo vivevano a distanza in quanto famiglia.

La parola censura fa drizzare subito le orecchie di un occidentale, ma i lavori di Hu Jie dovrebbero catturare l’attenzione proprio per quello che sono: memoria storica. Come i film del Beijing Independent Film Festival, la memoria collettiva cinese è accuratamente selezionata e confiscata dalla propaganda ufficiale. I lavori di Hu Jie sono quindi preziosi poiché danno voce a chi non ne ha avuta e aprono una finestra su ciò che si vorrebbe venisse a galla. Alla fine della visione di The Observer scaturisce spontaneamente una domanda: quando le generazioni dell’era di Hu Jie e della generazione dei suoi genitori non ci saranno più, che cosa ne rimarrà di queste memorie? The Observer è servito ed è solo un antipasto, un invito ad andare oltre.