La storia vera di Tonya Harding, campionessa di pattinaggio artistico che a metà degli anni novanta scandalizzò gli Stati Uniti per il suo coinvolgimento in un’aggressione ai danni di una rivale. Abbandonata dal padre da piccola, Tonya cresce nella periferia del nord americano con una madre dispotica, brutale ed anaffettiva che la spinge verso il pattinaggio. Per sfuggirle sposerà uno sbandato possessivo e violento, il quale finirà per distruggerle la carriera.
Sostenuto da ottime prove degli attori (in particolare una Margot Robbie imbruttita nella parte della protagonista e Allison Janney, che per il ruolo dell’orribile, seppur sinistramente divertente, madre ha conquistato un oscar), Tonya incrocia diversi generi, saltando tra il mockumentary, il drammatico e la commedia, per poi nella seconda parte virare decisamente verso il grottesco, tanto da ricordare per certi versi Fargo dei fratelli Coen (freddi sobborghi e criminali talmente stupidi da diventare comici), con la differenza che qui i fatti esposti sono veramente accaduti.
Se il film evidenzia alcune lacune nel restituire la complessità dei personaggi, il regista Craig Gillespie è però abilissimo nel dare ritmo e vivacità alla narrazione, facendo un uso insistito dello zoom e spezzando l’azione con false interviste, voce fuori campo e con lo sguardo in camera dell’attore che si rivolge direttamente allo spettatore. È più che apprezzabile poi il fatto che il film non cada nella trappola tipica di molti biopic, ovvero fare un ritratto troppo indulgente della protagonista. Tonya è rozza, volgare e spesso sgradevole. È sicuramente una vittima della madre e del marito, ma lo è anche di se stessa, della sua superficialità e delle sue scelte sbagliate.
La musica, oltre ad essere splendida, ha nel film un ruolo illustrativo importante. Così in una scena la distanza incolmabile tra Tonya ed il mondo del pattinaggio artistico (che non l’ha mai accettata), è perfettamente espressa dalla musica che accompagna le esibizioni: il rock redneck tutto chitarre degli ZZ Top con Sleeping Bag per Tonya, le classicissime note delle Quattro stagioni di Vivaldi (estate-terzo movimento) per la la pattinatrice che la precede. E ancora la romanticissima Romeo and Juliet dei Dire Straits che suona beffarda mentre Tonya viene picchiata dal marito, così come il pop dolce e suadente di Goodbye Stranger dei Supertramp quando lei lo lascia una prima volta. Il ritmo incalzante della stupenda Gone Daddy Gone dei Violent Femmes trasmette poi tutta l’ansia della situazione che precipita quando inizia ad esplodere lo scandalo.
Pur senza averne il fascino struggente ed il sensazionale lirismo, nel finale il film ricorda in qualche modo Toro scatenato. Li accomuna l’epilogo patetico di un campione (Tonya per sopravvivere si dà al pugilato, La Motta ingrassato fa l’intrattenitore in squallidi locali) e la gloria passeggera del passato che rivive in due magnifiche sequenze: la vera Tonya che, sui titoli di coda, volteggia sul ghiaccio accompagnata dal grandissimo giro armonico di The Passenger nella versione di Siouxsie and the Banshees, e la danza solitaria sul ring di De Niro/La Motta sulle note dell’intermezzo della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, all’inizio del capolavoro di Scorsese.