Sono molti gli elementi che congiungono il primo, meraviglioso film da sceneggiatrice e regista della tunisina Leyla Bouzid con il suo secondo lungometraggio, Una storia d’amore e di desiderio. Due coming of age, due racconti di emancipazione, due percorsi di scoperta dell’eros e dei turbamenti che ad esso si associano. Partendo dall’intimità di un canonico racconto di crescita, la grande capacità della Bouzid risiede sempre nell’ampliare la visione abbracciando più livelli e intrecciando vari elementi narrativi per mostrarci la strettissima correlazione tra il piano soggettivo e quello sociale e culturale.

Se il celeberrimo slogan femminista ci ricorda che “il personale è politico” la Bouzid ci mostra questo enunciato in maniera profondamente epidermica, tramite un vissuto conflittuale com’è quello di un adolescente e delle sue battaglie per raggiungere l’affermazione del sé. Mentre il suo primo lungometraggio Appena apro gli occhi (2015, proiettato al Festival di Venezia, Giornate degli autori) ci mostrava i prodromi dell’esplosione di violenza e rivolte in Tunisia tramite il vissuto della diciottenne Farah (Baya Medhaffer), giovane donna estremamente decisa nel ribellarsi alle imposizioni esterne e vivere la propria vita seguendo le proprie passioni, il ventenne Ahmed (Sami Outalbali) di Una storia d’amore e di desiderio sembra essere il suo esatto opposto: timido e passivo il giovane ha assimilato i dogmi di una cultura che scoprirà non conoscere neanche realmente.

Nato e cresciuto nelle banlieue parigine da famiglia algerina, Ahmed assume su di sé le imposizioni della propria comunità di appartenenza, ma il conflitto è tutto interiore, vissuto ed espresso sottraendosi senza esporsi alla rabbia e al desiderio. Se la Farah di Appena apro gli occhi pagherà caro il prezzo la propria assenza di freni, Ahmed sarà invece raggiunto suo malgrado dal desiderio tramite una nuova Farah (Zbeida Belhajamor), anch’essa come nel precedente film proveniente dalla Tunisia, e anch’essa tutt’altro che timorosa di esporre le proprie passioni. Viene da chiedersi: sarà forse lo stesso personaggio seguito dalla regista da un film a un altro? Per Ahmed invece la scoperta dell’eros passerà per il duplice binario di conoscenza dell’altro e delle proprie radici culturali tramite il corso di letterature comparate della Sorbona, che farà conoscere al ragazzo la letteratura erotica araba antica, utilizzata come medium e tramite per un avvicinamento amoroso tra i due giovani protagonisti.

Oltre a interrogarsi sulle contraddizioni della cultura araba contemporanea e a mostrare i conflitti socio politici che hanno attanagliato il suo paese con un’ottica intima ma proprio per questo estremamente efficace nel cogliere le lacerazioni di una popolazione, la Bouzid prosegue inoltre la sua indagine sulla famiglia e sull’adolescenza, mostrandoci due racconti speculari nel rapporto tra una madre e una figlia nel primo e un padre e un figlio nel secondo, le cui sfumature e complessità emergono gradualmente in entrambi i film.

Quello che manca però, in questa delicata e raffinata love story tardo adolescenziale, è la forza prorompente dell’opera prima della regista, la sua urgenza rivoltosa, la sua visione amara della Tunisia ma anche piena di speranze verso le spinte propulsive delle future generazioni. In Una storia d’amore e di desiderio tale spinta sembra essersi diluita in una narrazione lirica ed emotivamente toccante ma che manca di quella rabbia e di quelle pulsioni di cui traboccava il precedente lavoro della Bouzid.