Straordinaria serata di pre-apertura della 74a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con la prima proiezione mondiale di Rosita di Ernst Lubitsch nella nuova copia digitale restaurata in 4K dal MoMA di New York con la collaborazione di The Film Foundation.
La proiezione è stata accompagnata dal vivo dalla Mitteleuropa Orchestra diretta da Gillian Anderson, che ha ricostruito la partitura originale di Louis F. Gottschalk a partire dagli spartiti recuperati alla Biblioteca del Congresso di Washington.
Al suo primo lungometraggio girato negli Stati Uniti, Lubitsch si cimenta con l’adattamento del Don César de Bazan di Adolphe d’Ennery e Philippe Dumanoir, cambiandone il titolo e affidando il ruolo della eponima protagonista a Mary Pickford, che lo aveva chiamato in America per dirigere un progetto che il regista tedesco rifiutò: Dorothy Vernon of Haddon Hall.
Anche in Rosita (a lungo creduto perduto) Lubitsch si conferma un maestro della messa in scena. Le inquadrature sono perfette in ogni dettaglio, tanto per la composizione interna quanto per il framing, con una profondità di campo sorprendente sia a livello estetico (il portone della prigione, con il guardiano in primo piano, di spalle) sia a livello funzionale (l’impiccagione vista attraverso le sbarre, scena che in Italia fu all’epoca censurata). Anche ogni singolo movimento di camera ha le proprie motivazioni narrative: si pensi alla scoperta, da parte della regina, della trama ordita dal re per uccidere l’amato di Rosita, realizzata attraverso un carrello che duplica il movimento fisico della regina, portandoci a vedere il re attraverso la finestra, in uno spettacolare gioco di quadri-nel-quadro che sfrutta la profondità di campo per raccontare, in un’unica inquadratura e senza ausilio del sonoro, diversi snodi narrativi. La varietà colorimetrica dovuta alle due differenti copie utilizzate per il restauro (quella in nitrato proveniente dal russo Gosfilmofond e quella in acetato rinvenuta al Mary Pickford Institute for Film Education) non impedisce di godere appieno della bellezza compositiva dei quadri, alcuni dei quali sono colorati o per imbibizione o per coloritura (quale magico stupore ci regalano le scene con le fiaccole e le girandole del carnevale!).
Rosita può essere dunque considerato un’opera d’arte anche solo per la regia di Lubitsch, ma l’esecuzione dal vivo della ritrovata partitura originale dona un notevole valore aggiunto al film. La musica contribuisce a immergere lo spettatore nel mondo della vicenda narrata, con i suoi ammiccamenti alla tradizione spagnola (castañuelas e altre percussioni in primis, con rimandi alla Carmen di Bizet), pur tenendo in sottofondo una sonorità centro-europea presente soprattutto nelle melodie delle parti violinistiche.