In una notte buia e tempestosa, tre viaggiatori si smarriscono nelle campagne del Galles. Impossibilitati a proseguire il percorso a causa di una frana, cercano rifugio in una casa sperduta, che pare nascondere più di un inquietante segreto. The Old Dark House, pellicola di James Whale tratta da Benighted, racconto di John Boynton Priestley, sa sorprendere con un cambio di registro inaspettato: da un incipit pieno di suggestioni cupe ed inquietanti, Whale ricava una commedia in cui la componente orrorifica viene continuamente adombrata dalle risate.

Gli scambi di battute fulminanti, uniti ai tic di Horace e Rebecca Femm, proprietari del maniero, fanno recedere la suspence in secondo piano, spostando l’attenzione dello spettatore sulla storia d’amore tra Roger Penderel, disilluso veterano della Grande Guerra, e  Gladys DuCane Perkins, ballerina frivola.  Il velo di tensione cade definitivamente a metà della vicenda, quando appare chiaro come la casa misteriosa non nasconda alcun mostro o potere sovrannaturale, solo un campionario di eccentrici (e talvolta pericolosi) esseri umani. Il mostruoso si conferma ancora una volta categoria dell’individuo, l’irruzione dell’Altro è definitivamente scongiurata e la vicenda può scorrere leggera verso il suo lieto fine, con tanto di idillio romantico.

Il cast raccoglie un vasto campionario di talenti, su cui spicca Melvyn Douglas, impegnato a rodare la figura del gentlemen dalla lingua affilata che lo porterà al successo con Ninotchka. Charles Laughton, per la prima volta su grande schermo, impersona il ricco Sir William Porterhouse, mentre Boris Karloff vaga per le sale del maniero con andatura zoppicante ed ingessata, nei panni del temibile maggiordomo muto dalle fattezze ferine. A lungo considerata una pellicola perduta, fino al ritrovamento dei negativi originali nel 1968 da parte di Curtis Harrington, The Old Dark House costituisce una delle prime crasi riuscite tra horror e commedia, capostipite di un filone numeroso ed apprezzato dal pubblico.