Sin dagli esordi, Godard aveva additato l'inganno del cinema classico, colpevole di servirsi del cosiddetto montaggio “invisibile”, e la critica al concetto di rappresentazione era stata sempre presente nei lavori del regista, molto prima di diventare il tema centrale di Vento dell'Est. Ma ormai i rapporti tra immagini e suoni sono una questione esclusivamente politica e problematizzare equivale a partecipare attivamente alla lotta, al punto da sabotare l'intero l'apparato produttivo.

Come  tutte le pellicole del gruppo Dziga Vertov, Vento dell'est è una riflessione in fieri sul cinema attraverso il cinema e si potrebbe definire un cine-saggio, che non vuole né divertire né indottrinare, ma unicamente infastidire lo spettatore, per costringerlo ad esercitare una coscienza critica. A differenza di quanto accadeva in Week-end o La cinese, in cui ricercatezza tecnica e formale erano spinte al limite, allo scopo di rivelare l'artificialità della rappresentazione, in Vento dell'est l'estetica del film è subordinata al procedimento dialettico, divenuto il vero cardine di un estremismo cinematografico militante. Come si sente ripetere dalla voce off, “Bisogna lottare contro il concetto borghese di rappresentazione”, dal momento che la borghesia occulta la manipolazione a cui è sottoposta l'immagine, per ottenere un paradossale “plusvalore” di realismo, tratto distintivo dell'ideologia capitalistica che lo genera. Vento dell'est dà forma all'azione politica non solo smascherando il film nel suo farsi (e disfarsi), ma cerca addirittura di negare un appagamento estetico, coerentemente con il rifiuto di un approccio che sia borghese, revisionista o persino poetico.

Una voce off guida la riflessione nel corso del film, in parte sviluppando un ragionamento autonomo, in parte commentando o contestando quanto avviene sullo schermo. La formulazione verbale del discorso politico, eretta a vero e proprio filo conduttore, è forse il motivo per cui oggi si tende a contestare la portata rivoluzionaria di Vento dell'est: la terminologia utilizzata ha una portata socio-culturale talmente marcata da penalizzare un proposito di universalità.