Viaggio in Giappone, presentato nella sezione Giornate degli Autori alla 80ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è un film-viaggio d’impronta minimalista, rarefatto tributo all’estetica contemplativa del maestro giapponese Yasujiro Ozu, che ci parla con delicato pudore di lutto, di rinascita e dell'amore che ritorna inaspettatamente quando si ha il coraggio di lasciar andare il passato.
La regista francese Élise Girard rende così omaggio al Giappone e al fascino della sua anima antica e moderna vista con gli occhi dell’occidente con il suo terzo lungometraggio (dopo Belleville Tokyo del 2010 e Strange Birds del 2016), che ha anche contribuito a sceneggiare insieme a Maud Ameline e Sophie Fillières.
Sidonie Perceval (Isabelle Huppert) una famosa scrittrice francese, vive emotivamente ibernata nel lutto per la traumatica scomparsa del compagno, a seguito di un incidente stradale. Invitata in Giappone per presentare la riedizione del suo primo libro di successo (L'ombre portée), viene accolta dall'enigmatico editore Kenzo Mizoguchi (Tsuyoshi Ihara) che l’accompagna a Kyoto, la città dei templi, dei santuari, della spiritualità e in giro per l’arcipelago nipponico nel tour promozionale del testo.
Attraverso un lento processo di avvicinamento e scoperta reciproca, Sidonie e Kenzo riducono gradualmente la distanza causata dalle inevitabili differenze culturali tra oriente e occidente, inoltrandosi nel territorio dei segreti intimi, quasi speculari, e dei sentimenti (reciproci) nascenti. I lutti privati della scrittrice infatti si rispecchiano in quelli dell’editore: la famiglia di lui è morta a Hiroshima e solo il padre è sopravvissuto al bombardamento atomico, per un imperscrutabile destino.
Dopo una iniziale diffidenza, i protagonisti si abbandonano lentamente ad un legame più intimo, e complice la fioritura dei ciliegi giapponesi, in sequenze dal gusto quasi naif, lei inizia lentamente a scongelarsi emotivamente. Ma in Giappone tradizioni millenarie vogliono che i fantasmi del passato abitino tra i vivi, e Sidonie dovrà affrontarli (materialmente) e rendersi conto che sono tali per dimenticare e immergersi di nuovo nel flusso vitale a cui aveva rinunciato.
Il film eccelle per la performance di Isabelle Huppert, la cui immensa statura attoriale, pluripremiata nei più importanti festival internazionali, le consente di virare dal drammatico al buffo attraverso una interpretazione magistrale delle infinite sfumature di Sidonie, un personaggio femminile coraggioso che evolve in modo graduale, quasi impercettibile nel suo ritorno alla vita, al futuro e di nuovo all’amore, sulle note al piano di Bach e di Ryuichi Sakamoto.
Per quanto lo sguardo della regista francese sia delicato e originale e la protagonista femminile ben tratteggiata in termini di empowerment, resta sullo sfondo una sceneggiatura che non convince e che impedisce un effettivo coinvolgimento del pubblico, nonostante la fotografia di grande impatto degli scenari nipponici della talentuosa Céline Bozon.