Piera Degli Esposti aveva nella voce “l’ombra di un sentimento tragico”, come scrisse Dacia Maraini nel ritratto di una donna e della sua “divorante intensità di vita” che fu La storia di Piera, che aveva inciso il suo carattere come un marchio a fuoco dalle origini lontane. Ciò che resterà per sempre ineguagliata e unica dell'attrice è forse proprio la voce di Piera, “quella sua voce sempre un poco sorpresa e impacciata, il suo linguaggio stravagante, a volte ingenuo e bambinesco a volte sapientissimo e raffinato: un linguaggio fatto di immagini-segnali che escludono con decisione inconsapevole i luoghi comuni del parlato cosiddetto normale”. Una voce unica e fuori dal coro nel panorama delle attrici nazionali, una voce da antidiva, forse anche a causa di una filmografia atipica che ha, inspiegabilmente, relegato il talento della grande attrice in ruoli per lo più secondari (almeno al cinema) ritagliati nella forma di “apparizioni esplosive” all’interno di sceneggiature che la chiamavano costantemente a fornire un contributo incisivo in film importanti che vivevano di luce propria.

Una filmografia che vanta collaborazioni coi registi più grandi dal Pasolini di Medea (1969), ai Taviani di Sotto il segno dello scorpione (1969) dal Moretti di Sogni d’oro (1981) al Tornatore di La sconosciuta (1981) fino a Marco Bellocchio nel 2002 con L’ora di religione e di nuovo nel 2016 con Fai bei sogni, ma sempre in ruoli piccoli. A dialogare con quella commistione eterna fra vita privata e vita agita sul set, che rappresenta  l’essenza di un attrice, notiamo una costante della sua carriera cinematografica, l’essere spesso chiamata per dare consistenza fisica ed emotiva al ruolo di madre. Lei che del rapporto particolare e morboso con la sua ne aveva fatto una ragione di vita, o meglio aveva indicato le radici del suo malessere e al tempo stesso della sua particolarissima essenza umana.

Il primo fu Moretti ad invecchiarla quando aveva solo 43 anni per trasformarla in Sogni d’oro nell’icona di una madre invadente e giudicante, prevedibile e squallida nei suoi “discorsi da autobus”, degna per questo di essere presa a schiaffi nella famosa scena in cui Nanni/Apicella la aggrediva urlandole contro che non voleva superare il complesso di Edipo e che tutto quello che lei asseriva erano “stupidaggini”. Ma anche nel film di Infascelli Il vestito da Sposa (2003) sarà chiamata ad interpretare la madre della sposa Maya Sansa, vittima di una violenza poco prima delle nozze, un tipo di violenza che lei stessa aveva conosciuto e che il suo personaggio stigmatizzava con rassegnazione così “non può più succedere niente, è già successo tutto”.

Quando Bellocchio le propose la parte della zia Maria in L’ora di religione (2002), fece due provini prima di essere confermata dal regista, pare che Bellocchio non fosse inizialmente convinto a causa dello sguardo svanito e un po’ per aria di Piera durante il primo provino. Era una donna ansiosa Piera e probabilmente la fama di regista severo e suscettibile che precedeva Bellocchio la aveva innervosita. Ma appena il clima si distese sul set, e lei si sentì “affettuosamente aiutata” dal regista, l’ansia si placò e, come dichiarò lei, “io faccio l’attrice non tanto per danaro o per avere una villa, ma per avere maggiore affetto e Bellocchio mi ha dato affettuosità sul set e questo mi ha fatto un po’ calmare questa ansia e pare che questa calma abbia dato, nel mio piccolo, ottimi risultati. Sono stata una zia calma, capivo quello che dicevo, mi è piaciuta tanto la sceneggiatura". E ancora aggiungeva (nel corso della presentazione del film presso la Cineteca di Bologna nel 2002) “sono felice di aver partecipato al film e di essere stata centimetrale, cioè di esser stata nel perimetro del film, dato che io ho un po’ il discorso scarabattola ecco”.

E infatti la scena (che durava meno di due minuti) del colloquio con Castellitto era una scena semplice (girata in campo e controcampo) ma impregnata, grazie alla presenza di Piera, di una grandissima potenza, una potenza interpretativa, fatta di sguardi, di movimenti delle mani ed espressività della voce. Una scena che veicolava come messaggio (ancora una volta il topos bellocchiano) la constatazione del protagonista che “il mondo non cambierà mai se non si mandano a fare in culo i padri e le madri definitivamente”, e Piera, dolce e ferma, lo rimbrottava con il sorriso “ma non ti vergogni a parlare così, a perseverare nell’idiozia?”. Interpretazione che le valse il David di Donatello (2003) come migliore attrice non protagonista.

Era stata bocciata alla Accademia di Arte drammatica e anche in molti provini radiofonici; diceva di sé in una intervista con Strabioli per la trasmissione televisiva Colpo di scena: “sono stata sempre bocciata” e temeva le sgridate di registi, direttori, collaboratori mentre lavorava. Quando la sgridavano si bloccava completamente: “io dico sempre: per favore non dite: non ci siamo capiti, perché è il momento che non capisco. Io sono molto allieva, sto molto attenta a quello che mi dicono, assorbo tutto; dunque sono molto allieva di carattere...questo mi rende esposta mentre un altro magari se ne frega e se la sbriga. Io se sbaglio ho paura, ho degli incubi veri e propri...tutte le volte mi aspetto che mi ammazzino….ho il terrore dell’aggressività” (da Storia di Piera, Bompiani). 

Sensibilità umile di una grande interprete che aveva ancora molto da insegnare a giovani generazioni presuntuose e saccenti. Eppure, proprio in questo modo di fare umile e generoso, Piera Degli Esposti si è distinta per essere stata sempre molto disponibile a collaborare con le giovani leve del cinema italiano, prendendo parte alle opere di registi esordienti come Pippo Mezzapesa, Davide Minnella, Laura Morante (regista), Alessandro Aronadio, trasformandosi quasi in un amuleto portafortuna. Anche il regista bolognese Riccardo Marchesini ebbe la fortuna di collaborare con lei in una delle sue ultime incursioni cinematografiche, affidandole la voce di Maria nell’episodio del film Caro Lucio ti scrivo dedicato alla canzone La casa in riva al mare. Le parole del testo di Dalla risuonano oggi come un commiato della sua città all’ attrice bolognese: “E sognò la libertà/ E sognò di andare via, via/...E gli anni son passati tutti gli anni insieme/ Ed i suoi occhi ormai non vedon più”.