Mimesi rifratta, in cui il molteplice non riecheggia come mera riproduzione, quanto nel senso di un prisma smembrato e scomposto, il cinema di Robert Bresson resta lì, assorto nella singolare attesa di un qualcosa che mai si paleserà. E quest'ambiguità, tra il bisogno di trascendenza e la constatazione dell'inevitabilità del male terrestre, si riflette, nel caso di Au hasard Balthazar, isolandoli da una compagine impietosa ma, prevedibilmente, umana, in due personaggi: Marie\Anne Wiazemsky e Balthazar, simbolicamente peccato e redenzione.

L'asino, affidato dal padre alle cure della giovane, da guardingo scrutatore del reale sarà poi vittima del movimento dialettico di creazione e distruzione che impone la morte per un ritorno, sebbene illusorio e apparente, alla vita. Non è un caso che Bresson abbia scelto di battezzare la sua allegoria di Cristo con il nome di Balthazar, dall'etimo assiro-babilonese che significa "Dio protegge la sua vita": la sua Via Crucis diviene, dunque, parte di un manifesto ideologico e spirituale intrinsecamente rivolto all'esposizione di un eros disinteressato che, in territorio mondano, non potrà mai essere colto nella sua totalità.

Questa la singolare attesa in cui il cinema di Bresson assorbe e collima la duplice esperienza di chi agisce e osserva, in una laconicità espressiva, da parte dell'agente, l'attore, che non lascia annegare le emozioni dello spettatore nell'artificiosità di un cinema-spettacolo. Infatti, rendendo sempre più alto il potenziale catartico dell'afasia, del silenzio notturno in cui sono immersi Balthazar e Marie, nell'atto di raccogliere fiori da porre sopra il capo dell'asino, viene a crearsi una simbiosi panica tale da non poter essere inquinata con la rudezza della parola, artefatta e lontana da quel momento di irripetibile solitudine contemplativa.

Irripetibile in quanto non avrà ragion d'esistere se non in quel momento, poiché Balthazar diverrà, successivamente, pieno appannaggio di tutti e tutti potranno potranno sterilizzarne la purezza; perfino Marie, in un qualche modo, sembrerà non ricordarsene più, non si sa se per egoismo o ingenuità. In tal senso potrebbero distinguersi due visioni del rapporto all'inizio così imperturbabile tra i due: una, in base alla quale Marie si adegui all'individualismo calcolatore del mondo e l'altra per cui la sua dimenticanza sarebbe stata dettata da un fisiologico offuscamento, da cui poi, infatti, rinsavirà allontanando Gerard e ritornando aal suo primo amore. Nell'illusione di una finale e ristabilita agnizione, s'inserisce la disumanità dell'umano a discapito dello stesso umano, decretando la fine delle illusioni e l'implacabilità di una natura che vede spegnersi in una lenta e ascetica dipartita anche Balthazar, forse l'unico sollievo.