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“Il seme dell’uomo” e la vanità delle illusioni

Se in La grande abbuffata Ferreri traduce la sua disillusione esistenziale nella logica perversa di un piacere mortifero, in questa visione utopica al negativo del mondo c’è un pessimismo radicalizzato e convergente all’interno di un’ottica in cui sembra non esserci alcun appiglio, quanto esclusivamente inquietudine avveniristica. Tra l’apparizione di una balena arenatasi sulla spiaggia, simbolico naufragio delle speranze di una società all’epilogo del Sessantotto, e l’improvvisa venuta di un’ospite, la questione che si pone fin dall’inizio Ferreri è una sola: continuare la specie o no? 

Wiazemsky/Bresson, rivedere “Au hasard Balthazar”

Mimesi rifratta, in cui il molteplice non riecheggia come mera riproduzione, quanto nel senso di un prisma smembrato e scomposto, il cinema di Robert Bresson resta lì, assorto nella singolare attesa di un qualcosa che mai si paleserà. E quest’ambiguità, tra il bisogno di trascendenza e la constatazione dell’inevitabilità del male terrestre, si riflette, nel caso di Au hasard Balthazar, isolandoli da una compagine impietosa ma, prevedibilmente, umana, in due personaggi: Marie\Anne Wiazemsky e Balthazar, simbolicamente peccato e redenzione.