Premiato con diversi riconoscimenti in Canada e vincitore della 37ma edizione del Lovers’ Film Festival di Torino, Wildhood (2021) elude una precisa definizione di genere cinematografico, evocando l’intersezionalità fin dal titolo, che definisce il passaggio tra l’infanzia e l’età adulta per tutti gli esseri viventi.  L’originale narrazione del film di Bretten Hannam, sostenuta da un’attenta regia e da una recitazione efficace e senza facili enfasi, fonde convenzioni del film di formazione, del road movie, della commedia sentimentale queer affermando l’identità etnica e sessuale dei protagonisti. La ricerca della madre Sara per il protagonista Link, che l’ha creduta morta per tanti anni ingannato dal padre violento, diventa una ricerca della propria identità meticcia e omosessuale.

Link è un adolescente che vive in condizioni precarie con un padre padrone che lo ha progressivamente allontanato dalla sua eredità Mi’kmaq che gli deriva dalla madre. Significativamente, la prima scena del film mostra Link intento a tingersi i capelli di biondo aiutato dal fratellastro Travis, con cui ha un profondo rapporto affettivo, nel tentativo di incasellarsi in una identità socialmente più accettabile. Dopo l’ennesimo episodio di violenza del padre, il ragazzo scopre quasi casualmente che, effettivamente, Sara non è morta. Portando Travis con sé, Link inizia allora la ricerca della madre affrontando mille difficoltà tra cui anche l’inseguimento del padre.

Nel corso della ricerca, ai due fratelli si affianca Pasmay, anch’egli di discendenza indiana e coetaneo di Link, ma con un atteggiamento radicalmente opposto verso la propria identità etnica. Pasmay è infatti immerso nei riti Mi’kmaq e prende parte ai Powwow. Inoltre, Pasmay è apertamente “two spirit”, un’espressione utilizzata dalle tribù indiane del Nord America che identifica un terzo genere e quindi persone che non si riconoscono in definizioni binarie. Pasmay sarà essenziale nel percorso di Link per ritrovare la madre e, conseguentemente, la sua identità culturale indigena e la sua sessualità. Il ritrovamento della madre simboleggia il ritrovamento della famiglia biologica ma anche della famiglia di elezione: l’abbraccio tra Link e il genitore precede e si riflette in quello tra Link e Pasmay, a cui si aggiunge Travis.

La fotografia di Guy Godfree esalta la natura e i paesaggi dello stato della Nova Scotia immergendovi i tre protagonisti nel loro viaggio on the road che lascia ben presto la strada asfaltata per percorrere sentieri e boschi. La progressiva affermazione dell’identità culturale e sessuale di Link viene sottolineata dall’abbandono dell’artificialità: come dicevamo, Wildhood inizia con la scena di tintura dei capelli e termina su una spiaggia con i tre protagonisti che ballano una danza indiana con Pasmay in costume tradizionale, due forme di rito e di travestimento radicalmente diverse tra loro in quanto la seconda porta comunque alla natura e alla riscoperta delle proprie radici culturali.

La stessa evoluzione del rapporto tra Link e Pasmay è colta all’interno di paesaggi naturali: il loro primo rapporto non avviene in una camera di albergo ma vicino ad una cascata. Enfatizzando il ruolo della natura, Hannam ci conduce, paradossalmente, alla conclusione che non ci sono rapporti e legami più naturali di altri e che ognuno ha il diritto di costruirsi e viversi i propri.