Un regista sta girando uno zombie movie in un edificio abbandonato, in cui si vocifera siano stati compiuti esperimenti per la rianimazione dei cadaveri. Scontento dalle performances deludenti dei suoi attori, l’uomo compie il rituale necessario a risvegliare i morti viventi e mette in pericolo l’intera troupe, nel tentativo ottenere una recitazione sincera. La trama sin qui è quella di un b movie dozzinale, e la prima parte di Zombie contro zombie è esattamente questo: girato velleitariamente in un unico long take, fiaccato da una recitazione scricchiolante e costellato di piccoli errori che rivelano l’amatorialità della produzione. Quando, dopo mezzora di urla e sangue finto, vediamo scorrere sullo schermo i titoli di coda, non possiamo che rimanere perplessi. Il mediometraggio iniziale costituisce però soltanto il primo tassello con cui Shinichiro Ueda costruisce un film sui film di zombie: attraverso un flashback conosciamo le figure macchiettistiche coinvolte nella realizzazione del progetto, per poi tornare sul set delle scene inziali con la prospettiva della troupe. Tutte le imperfezioni davanti a cui avevamo storto il naso strappano più di una risata quando la camera svela i meccanismi che le determinano, dall’attrice impazzita che decide di improvvisare e abbandona il copione alla piramide umana improvvisata per ottenere la panoramica finale in mancanza di un crane.
In un momento storico in cui la zombie fever che aveva contagiato i media all’inizio del nuovo millennio sembra essersi finalmente attenuata, l’unico modo di tornare sul genere è una riflessione capace di andare alle radici della finzione, e partire da esse per costruire una pellicola capace di affermare qualcosa di nuovo in un panorama saturo di copie carbone. Il successo di Zombie contro zombie sta proprio nel superare l’etichetta dell’horror stereotipato per sconfessarsi come metafilm godibile ed efficace, forte di una dimensione ludica che chiama in causa lo spettatore strappandolo al torpore della propria poltroncina: la struttura tripartita introduce l’audience ad un guessing game, spingendola a rileggere il primo segmento di girato con le informazioni ottenute nel secondo, per poi cercare conferme nella parte finale: perché gli attori si lanciano in un’inutile digressione sull’autodifesa personale? Cosa si nasconde dietro agli interminabili tempi della recitazione?
Il film costituisce il secondo lungometraggio di Shinichiro Ueda, fondatore della cooperativa cinematografica giapponese Panpokopina, ed è stato concepito all’interno di un progetto della Enbu Seminar, una scuola per aspiranti attori e registi. Nonostante fosse apparso nelle sale unicamente per sei giorni, il film è stato resuscitato dai circuiti della cinefilia: il suo successo nel circuito dei festival lo ha portato a tornare nelle sale giapponesi, dove ha guadagnato oltre 3 milioni di yen, ed essere distribuito in svariate sale d’essai in tutto il mondo. Zombie contro zombie costituisce l’esempio di come un approccio fresco possa donare nuova vita ad un sottogenere che ad oggi si qualifica come un vero e proprio morto vivente.