Nel 1959 approda nelle librerie francesi Hollywood Babylon, saggio del regista e sceneggiatore Kenneth Anger. Attraverso le sue pagine, il pubblico può gettare un occhio sulla depravazione che si respirava nella Hollywood classica, affacciandosi su una quotidianità di adulteri, lusso sfrenato e fiumi di alcol. Pochi anni dopo, nel 1962, Aldrich gira Che fine ha fatto Baby Jane?, e dona all’opera di Anger un gemello cinematografico.

Vero e proprio capolavoro, la cui forza rimane invariata nonostante i decenni trascorsi, si ha l’impressione che lo status di cult movie stia stretto ad un film così potente. Ecco allora un po' di motivi per andarlo a vedere (o rivedere) immediatamente:

1. I titoli di testa: chi avrebbe mai pensato di far uscire i credits dalla testa di una bambola rotta?

2. Baby Jane: il personaggio di Bette Davis rappresenta una delle figure più disgustose che avrete modo di vedere al cinema, promesso.

3. Joan Crawford: la diva Hollywoodiana, nonostante l’età, conserva un fascino indiscutibile, reso ancora più evidente dal contrasto con la maschera demoniaca della Davis.

4. Lo scandalo: per aumentare la potenza della pellicola, il regista aveva fatto circolare la voce che tra le due attrici protagoniste scorresse veramente cattivo sangue. Vista con questa diceria in mente, la crudeltà della pellicola è quasi insopportabile.

5. L’insalata di topo: mangereste mai un ratto adagiato su un letto di pomodori?

6. Victor Buono: perfetto nella parte del bambinone impacciato, Buono dona alla pellicola i sorrisi necessari per non farla scivolare nel cinismo più bieco.

7. Le bambole: infinite pellicole hanno esplorato il potere perturbante delle dolls, ma poche ne hanno sfruttato la dimensione simulacrale come Aldritch, che qui le trasforma in proiezioni spettrali del passato della protagonista.

8. La vicina: la petulante vicina delle Hudson, spesso usata per generare suspense, fa di cognome Bates. Coincidenza?

9. Il sonoro: l’architettura della tensione passa per una pianificazione attenta del suono, e gli squilli di telefoni e campanelli riescono sempre a tenere tesi i nervi del pubblico.

10. La conclusione: la scena sulla spiaggia, con l’agonia della Crawford in primo piano e la rivelazione finale, mantiene lo spettatore sull’orlo della sedia, oltre a costituire un raro esempio climax drammatico in piena luce solare.

Se i dieci punti non sono bastati, aggiungiamo che il film è stato capace di generare indirettamente una delirate parodia italiana, con un Totò trasformato in assassino da un’indigestione di marijuana (!!!).