C’è un aspetto stimolante nel confrontarsi con una sezione festivaliera dal punto di vista critico: tentare un percorso altro rispetto a quello ipotizzato dai curatori, ricercare un filo conduttore nel panorama autoriale (o attoriale o produttivo o storico, a seconda del contesto) che possa portare alla luce nuove e diverse connessioni, richiami, assonanze linguistiche o tematiche. Nel caso della sezione “Marco Ferreri ritrovato”, ad esempio, la selezione operata da Emiliano Morreale, volta a far scoprire al pubblico del Cinema Ritrovato 2020 “radici e aspetti meno noti” del regista milanese, ha permesso di esplorare anche le sue esperienze come addetto alla produzione (Colpa del sole di Alberto Moravia), comparsa (Gli italiani si voltano di Lattuada), produttore e sceneggiatore (Donne e soldati di Luigi Malerba e Antonio Marchi).

Ma è di certo la possibilità di godere dei suoi film in versione restaurata con i finali originariamente scritti e realizzati da Ferreri a rendere imperdibile l’appuntamento quotidiano, dove capolavori notissimi si alternano a opere meno conosciute. Le prime tre giornate dedicate a Ferreri regista hanno visto proiettati due episodi di film collettivi e tre lungometraggi. Il fatto che questi siano stati tutti girati negli anni Sessanta giustifica solo in parte il riproporsi di temi ricorrenti come il sesso e il cibo, che infatti resteranno tematiche dominanti l’intera filmografia di Ferreri. In queste opere l’autore esplora certamente alcuni argomenti che contraddistingueranno la sua carriera, ma ciò che ci è dato di vedere è che Ferreri stabilisce da subito non soltanto cosa vuole raccontare ma come: è il suo rapporto con lo spettatore, la sua modalità di narrazione (che diventa modalità di analisi e commento della società) a farsi istantaneamente sostanza cinematografica e sguardo autoriale.  

La storia dell’anziano Anselmo che vuole a tutti i costi una carrozzella motorizzata per sentirsi integrato nel gruppo dei suoi amici disabili (El cochecito, 1960) pone immediatamente in luce il ribaltamento come strumento retorico finalizzato allo svelamento delle storture della società. Il film instaura un corto-circuito tra salute e malattia, mostrando come la natura umana riesca a strumentalizzare qualsiasi cosa per creare continuamente una situazione di disparità sociale. Se la motocarrozzella può aiutare un disabile a non sentirsi penalizzato dal suo handicap ed essere come gli altri, l’insito egoismo dell’uomo può arrivare ad escludere il “sano” che non ne ha bisogno, mettendolo in condizione di essere in difetto rispetto a una nuova “normalità”, intesa come norma sociale.

Cambiando punto di vista, El cochecito non fa altro che fornire un primo esempio del prezzo che l’uomo è disposto a pagare pur di uniformarsi alla società, di avere riconosciuto il proprio posto nella collettività. E non possiamo forse leggere L’infedeltà coniugale (episodio di Le italiane e l’amore, 1961) come un’altra spietata osservazione di un meccanismo che da un lato è il ribaltamento di una norma sociale (marito e moglie si tradiscono reciprocamente) e dall’altro confessione del compromesso che si fa con sé stessi per sentirsi come gli altri e parte di una società? La voce narrante della donna, alla fine, ammette lucidamente proprio questo: l’assenza di amore nel matrimonio, la famiglia come prigione sessual-sentimentale e l’obbligo di restare insieme nonostante tutto per amore dei figli, in un perverso ed ipocrita travisamento del concetto di protezione che i genitori dovrebbero offrire ai loro bambini.

Anche con Il professore (episodio di Controsesso, 1964) ci troviamo di fronte a un uomo che non è in grado di assolvere al proprio compito nella società: Ugo Tognazzi sviluppa una morbosa ossessione sessuale verso le sue allieve che lo porta a far installare nel’armadio dell’aula una comoda affinché le alunne possano espletare le funzioni corporali senza abbandonare la stanza. Ovviamente il pretesto degli aiuti scolastici scambiati tra le ragazze nei bagni della scuola non inganna  nemmeno le stesse studentesse e il sudore che imperla la fronte dell’insegnante in seguito al primo utilizzo del sedile lo espone al microcosmo sociale per quello che è.

Un altro tipo di perversione caratterizza il Tognazzi protagonista del famoso La donna scimmia (1964), in cui è però la protagonista interpretata da un’incredibile Annie Girardot a cercare il proprio posto nella società e a mendicarlo nel cuore del marito senza scrupoli. L’impresario interpretato dall’attore cremonese è eticamente sconcertante nel suo volersi approfittare di una giovane malata di ipertricosi, raccapricciante nel non avere alcuna remora nel perseguimento dei propri obiettivi meramente economici. I soldi sono causa di corruzione morale e arrivano a mettere in luce l’ipocrisia della stessa istituzione matrimoniale, dove l’amore è a senso unico e il marito invece di proteggere la moglie ne diviene quasi un “protettore”.

Marcia nuziale (1966) sembra tirare le somme di questo percorso tematico e autoriale sviluppando nei suoi quattro episodi non solo i temi canonicamente attribuiti a Ferreri (la crisi dell’istituzione matrimoniale, il rapporto tra uomo e donna, la sessualità, il legame tra cibo e sesso) ma anche il particolare meccanismo di relazione che Ferreri mette in atto con chi guarda le sue opere, un meccanismo fatto di attrazione e repulsione. Ferreri cerca lo scontro con lo spettatore, ribaltandone le aspettative (l’organizzazione di un matrimonio si rivela propedeutica allo sposalizio tra due cani: Prime nozze), mettendone in crisi le certezze sociali e le aspettative cinematografiche (la rabbia di un marito per il proprio desiderio frustrato dalla moglie lo porta ad addormentarsi dopo un lungo litigio con lei: Il dovere coniugale), guardando con ironia alla psicologia come chiave di risoluzione dei problemi di coppia (il confronto sui moderni metodi di risoluzione dei problemi sessuali durante una seduta di psicologia di gruppo diviene occasione per un tradimento: Igiene coniugale), ipotizzando un futuro fantascientifico dove si ritrovano gli stessi meccanismi di oggettivazione dell’individuo (anche le donne artificiali subiranno gli attacchi del tempo e saranno minacciate dai nuovi modelli: La famiglia felice).

Già con questa prima selezione di film, certamente cinici, disturbanti, mai facili, Marco Ferreri dimostra di avere in mente una chiara idea di cinema.