La potente sequenza iniziale di La setta dei tre K (Storm Warning) vede Marsha (Ginger Rogers) arrivare di notte in autobus nella cittadina di Rock Point: longilinea ed elegante, appare sicura di sé ma anche vagamente fuori posto, sensazione che aumenta via via che si trova di fronte a un’ostilità ingiustificata da parte di negozianti che chiudono in fretta furia. Subito dopo, un omicidio brutale ad opera del Ku Klux Klan, a cui Marsha assiste; quando, ancora sotto shock, raggiunge la sorella Lucy, motivo della sua visita al paese, scopre che il cognato Hank è uno degli assassini visti sul luogo del delitto. Si mette così in moto il dilemma della protagonista, testimoniare o salvaguardare la “felicità” della sorella che non ne vuole sapere di allontanarsi dal marito. Intorno, domina un’omertà non giustificabile e una colpevolizzazione automatica di forestieri inesistenti; l’unico che sembra interessato alla giustizia è Burt Rainey, il procuratore anti-Klan interpretato, ironicamente, dal futuro conservatore Ronald Reagan, che fa pressioni su Marsha perché si esponga, senza mai considerare la possibilità di ricatti e minacce nei confronti della donna.

Storm Warning è uno di quei film di denuncia espliciti nel messaggio, ma forse meno coraggiosi di altri dalla finalità meno palese, formalmente efficace ma con molti dettagli datati e discutibili: dalla straniante e problematica assenza dell’elemento razzista, alla mera strumentalizzazione narrativa dell’omicidio del giornalista, dai distinguo tra membri del Klan e “brave persone” comunque aggrappate a pregiudizi e tornaconti personali, all’accumulo di azioni deprecabili del già indifendibile Hank, talmente vuoto, inetto e violento da rendere poco credibile l’adorazione di Doris Day. Il Klan è rappresentato come un’organizzazione criminale finalizzata per lo più ad arricchirsi, e il buon procuratore di Reagan, irreprensibile a parole, è in realtà piuttosto cauto nel fermare una setta che usa rituali tutt’altro che discreti, e dei cui membri conosce nomi e cognomi.

Nonostante la cautela stridente e alcune incoerenze (Marsha è una donna indipendente e lavoratrice che tuttavia rimprovera alla sorella, sposata e incinta, di lavorare), Storm Warning presenta diversi motivi di interesse: Ginger Rogers interpreta con intensità una donna emancipata e dubbiosa, ma l’idea più inquietante e riuscita del film è la rappresentazione di una comunità ipocrita ed egoista, talmente meschina e codarda da essere senza redenzione, e del potere dell’anonimato dato da un cappuccio bianco per dare sfogo agli istinti più bestiali.