“Non ci si deve abituare al buio”. È una frase che dice Stella (Denise Tantucci) alle sue sorelle più piccole, Luce (Gaia Bocci) e Aria (Olimpia Tosatto). Eppure, loro al buio ci vivono perennemente. Abitano in una casa con le finestre chiuse e le serrande abbassate. L’unica persona che può uscire è loro padre (Valerio Binasco). È proprio lui a raccontargli che fuori il mondo è malato, la luce del sole brucia la pelle e solo gli uomini, in quanto fisicamente più forti, possono uscire. Lo vediamo uscire vestito con la tuta e la maschera, con tanto di filtro, per tornare a casa con qualche verdura e pane per mangiare. Sino a quando, il padre non tornerà per un più di un giorno e le tre sorelle dovranno inventarsi qualcosa per poter sopravvivere...

Opera prima di Emanuela Rossi, Buio (uscito in prima visione su Mymovies) è un film suddiviso in capitoli scanditi dalle illustrazioni di Nicoletta Ceccoli. Infatti, come afferma la stessa regista, è stata proprio un’opera di questa artista ad averla ispirata per la trama del suo film. Girato per lo più all’interno della casa in cui abitano le piccole donne, sono loro le vere protagoniste del film. Soprattutto la sorella maggiore, Stella. Tutt'e tre vestite convestaglie “alla Wendy”, come le definisce Rossi stessa, le vediamo impegnarsi i giorni nello studio e nel fare ginnastica. In particolare, spicca tra tutte Denise Tantucci, precedentemente vista in varie fiction (Un medico in famiglia, Braccialetti rossi). Perfettamente centrata nel ruolo di sorella maggiore, dà il meglio di sé nei primi piani grazie alla forza della sua espressione facciale. Non è da meno l’attore protagonista, Valerio Binasco che, di certo non alle prime armi, sa ben incarnare il padre affettuoso e sadico allo stesso tempo. Una dinamica padre-figlie già ben presente nella cinematografia internazionale, più volte citata all’interno del film. Basti pensare alla scena del ballo tra padre e figlia, ripresa da Miss Violence (Alexandros Avranas, 2013).

Buio è un film con un ritmo sostenuto, grazie al quale lo spettatore non sa distinguere cosa sia realtà e cosa utopia se non quando è la narrazione a deciderlo, né tanto meno capire con anticipo se si arriverà a un lieto fine. Inevitabile, all’inizio del film, catapultarsi all’interno della casa con le tre protagoniste e fare un parallelismo con la situazione di lockdown che tutti stiamo vivendo in questo periodo. Ma la trama tocca ben altri temi. La relazione inter familiare è sicuramente tra le più rilevanti: un padre che, sebbene aggressivo, sia l’unica fonte di vita delle ragazze e loro protettore dai pericoli del mondo esterno. Una figura genitoriale che rimanda all’istinto di protezione verso i propri cuccioli, ma anche a quell’accanimento egoistico che lo porta a privarli della libertà di vivere.

Ma è presente, soprattutto, una certa ribellione contro il sessismo di genere. Più volte l’unica figura maschile, infatti, si riferisce alle donne come persone deboli, incapaci, tentante dal diavolo. Non a caso, tutt'e tre portano nomi che evocano qualcosa di cui sono state private: le stelle, la luce e persino l’aria. E Buio parla proprio dell’avventura terribile e agonizzante che le piccole donne devono vivere non solo nella società, ma soprattutto dentro le mura di casa. Dedicato “alle ragazze che resistono”.