A quasi cinquant’anni di distanza, i lungometraggi di Jodorowsky – in particolare El Topo e La Montaña Sagrada – sono portati come esempio della sperimentazione e della temperie artistica dei primi anni ’70, legata alla diffusione di una certa spiritualità orientale in Occidente e ovviamente all’uso meditativo delle droghe psichedeliche: in tal senso, la fortuna dei film sopra citati è ancora oggi consistente. Com’è invece noto agli appassionati, il plauso verso i lungometraggi di Jodorowky non fu assolutamente unanime all’epoca della loro realizzazione, spingendo l’artista di Tocopilla ad attraversare avventure ancor più paradossali e sconcertanti rispetto a quelle vissute dai personaggi dei suoi stessi film. In ambito documentaristico, la disperata ricerca dei fondi per produrre una versione per il grande schermo del capolavoro di Frank Herbert è già stata raccontata in Jodorowsky’s Dune (2013): tra il 1974 e il 1976, l’artista cileno tentò inutilmente di racimolare i 20 milioni necessari a supportare la creazione del suo Dune, la cui preproduzione non solo riversò i propri frutti nella saga fumettistica de l’Incal, ma fornì allo stesso tempo al cinema sci-fi americano alcune delle sue creazioni estetiche più ragguardevoli.
Ben lontano dalle cifre di Dune, la produzione di El Topo – a cura della Producciones Panicas di Moctezuma – richiese solamente 400.000 dollari: eppure, se l’autore cileno poté accarezzare l’utopia di Dune, ciò dipese dalla fortuna che il film del 1970 incontrò durante la sua distribuzione. Al di là dell’odierna popolarità dei prodotti di Jodorowsky, l’uscita del suo acid-western ebbe un’eco formidabile, con particolare diffusione nel panorama musicale anglo-americano. Peter Gabriel non fece mistero di aver utilizzato la ricchezza concettuale di El Topo per la scrittura dei testi di The Lamb Lies on Broadway, al punto che quando nel ‘79 si delineò la possibilità di trasformare l’album dei Genesis in un prodotto cinematografico, il cantante inglese chiese proprio al regista di collaborare per la realizzazione della sceneggiatura. Ma senza dubbio risultò fondamentale l’interessamento di John Lennon, il cui manager – Allen Klein – accettò di distribuire la pellicola nel mercato statunitense. Malgrado le iniziali ritrosie di Producciones Panicas, dopo che la presentazione del precedente Fando y Lis al festival di Acapulco aveva scatenato una sommossa popolare con annesso tentativo di linciaggio di Jodorowsky, El Topo venne distribuito anche in Messico: così come negli Stati Uniti, l’opera si guadagnò il suo spazio nelle proiezioni di mezzanotte, rimanendo in programmazione per sei mesi.
Mecenate e carceriere allo stesso tempo, Klein raccolse il budget necessario (750.000 $) per la realizzazione de La Montaña Sagrada, realizzata nel ’73 e portata a Cannes nello stesso anno: seppur la produzione cinematografica dell’autore cileno si estenda per più di mezzo secolo, ancora oggi il pubblico associa il nome di Jodorowsky al dittico prodotto tra 1970 e ’73. Purtuttavia, la luna di miele con l’ex agente di Beatles e Rolling Stones ebbe vita breve: il ripensamento in negativo di Jodo sulla realizzazione di una versione filmica de L’Histoire d’O di Desclos portò Klein a ritirare dal mercato per 33 anni i due film, su cui vantava diritti di distribuzione.
L’attività di recupero, grazie alla quale il pubblico del Cinema Ritrovato potrà godersi i due film (in programma all’Arlecchino), iniziò solamente nel 2006, quando il Festival di Cannes presentò una versione restaurata de La Montaña Sagrada. Nel frattempo, Jodorowsky non si è mai fermato, giostrandosi tra composizioni poetiche e in prosa, sceneggiature fumettistiche, comparsate attoriali, prodotti d’arte figurativa, performance surrealiste e più o meno credibili speculazioni psicomagiche; pur vedendosi privato a lungo delle sue opere più significative, ha continuato la sua carriera dietro la macchina da presa, affidandosi a Salvatore Argento per la produzione del successivo Santa Sangre (1989). Salvo poi, dopo tre decenni, ritrovare Allen Klein in una stanza d’albergo londinese, abbracciarlo e dirgli “You’re a spiritual master”. Senza che nessuno, come al solito, ne capisse il perché.