Prendere o lasciare. Spesso e volentieri il cinema di Leos Carax ci pone davanti a questo bivio. I suoi film, da sempre tanto affascinanti quanto criptici, non scendono a patti con il pubblico. L’autore francese insiste nella sua linea stilistica devota alla bellezza pirotecnica ed esplosiva del cinema, una dimensione dove tutto è concesso e nella quale è doveroso osare per arrivare a toccare con mano sensazioni che nella banale, grigia e monotona realtà non possono essere replicate.

Attenzione però, se da un lato Carax ci tiene a stare alla larga da uno stile asciutto, dall’altro è proprio sulla dicotomia tra verità e finzione che ha basato buona parte (la più riuscita e consistente) della sua carriera. Così, a nove anni di distanza dal precedente, stupendo, Holy Motors, ecco che il regista torna dietro la macchina da presa per insistere ancora una volta sui medesimi concetti, raccontando la storia d’amore tra due protagonisti dello spettacolo (guarda un po’), un comico e una cantante lirica, e il naufragio del loro amore causato dalla nascita della primogenita.

Avvalendosi di un importante corpus musicale a cura degli Sparks, Annette è un musical d’autore che usa le note e i testi dei brani per condurci nei pensieri e nei turbamenti dei protagonisti. Tutte, o quasi, le regole che hanno reso classico il genere vengono quindi abbattute in nome di un viaggio introspettivo che trova nelle immagini la sua ancora di salvezza alla monotonia di una rappresentazione drammaturgica di stampo teatrale. Lo si legge eccome tra i vari fotogrammi: Carax si è interrogato a lungo su come poter mettere in scena al meglio questa Odissea contemporanea.

Annette è un film che si scalda con il passare dei minuti, prende la ricorsa nella prima sequenza e poi percorre una strada tutta sua. Nell’incipit infatti, costruito come un collante perfetto con il film precedente, il cast e la troupe accordano gli strumenti musicali che saranno utili per il proseguo della pellicola, mentre il regista “accorda” la macchina da presa con soluzioni visive che sono un semplice antipasto di quello che vedremo lungo la narrazione. Esattamente come il personaggio che dà il titolo al film, Annette si pone da subito come ponte ideale in grado di unire realtà e finzione, backstage e proscenio.

Carax non si preoccupa solo di rimarcare e tematizzare questo labile confine, ma lo abita a più riprese facendolo suo. Proprio come i suoi protagonisti, che non saranno in grado di diversificare i due ambienti e continueranno ad abitarli senza soluzione di continuità perdendosi nella tempesta (che si concretizza con la sequenza del naufragio) che da essi viene generata, anche il film insiste nel proporre immagini fallaci, situazioni grottesche in cui il pubblico di uno spettacolo comico sembra essere parte effettiva dello show o eventi sportivi più simili a una rappresentazione teatrale. Sarà compito dello spettatore provare a fare ordine, oppure semplicemente lasciarsi cullare da questo mare mosso e accettare il mistero di una realtà menzognera tanto quanto la sua dimensione artistica.