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“Wolf Man” e il peso dell’eredità

Questa volta è proprio l’orrore a essere carente e pur riuscendo a raccontare una storia straziante, nelle sequenze prettamente horror sembra mancare l’ispirazione, ricorrendo ai soliti canonici jumpscare e le classiche fughe dell’ultimo minuto, troppo prevedibili per avere un reale impatto. Ciononostante, Whannell si dimostra ancora una volta originale nel rapportarsi ai classici e nel suo stravolgerli, in un film che fa del rapporto con l’eredità culturale lasciata dai padri la sua tematica centrale.

“L’uomo invisibile” e l’horror sociale

Approdato in Italia e in altri paesi direttamente in streaming a causa del Coronavirus, L’uomo invisibile conferma appieno la bontà della formula vincente di Jason Blum e della sua Blumhouse e ricostituisce temi e problemi affrontati da Whannell nei suoi precedenti lavori, tutti improntati a raccontare i conflitti e le paralisi giustizialiste di una società claustrofobica attraverso il cinema di genere. Costruito in crescendo, il film espunge il tono grottesco da favola dark che era il tratto distintivo del fantastico di James Whale e racchiude in poco più di due ore i paradigmi della devianza misogina: stalking, violazione della privacy, violenza di genere, abuso psicologico; il tutto immergendo l’eroina di turno negli spazi asettici di case-laboratorio e dimore-trappola in una topografia dell’orrore domestico.