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Dissidente, critico e organico: Gutiérrez Alea e la rivoluzione cubana

Alla mutevolezza della sua parabola artistica e politica si oppone la persistenza dell’indagine sociale nei suoi lavori, dettata da uno sguardo costantemente critico e dal frequente utilizzo della satira, diretta anche nei confronti del regime rivoluzionario cubano: non a caso, si autodefinì “un uomo che pone critiche all’interno della rivoluzione, al fine di migliorarne il processo e non di distruggerla”. Sta qui il dato eccezionale di Gutiérrez, cioè la capacità di mantenere aperti gli spazi di critica e satira artistica anche nella peculiare situazione dello Stato castrista: aspetto che emerge con forza dalla visione de La morte di un burocrata, dove gli attacchi alle storture del meccanismo statale e all’apparato propagandistico vengono espressi senza metafore. Sarebbe decisamente ingiusto limitare l’analisi del film del 1968 esclusivamente al suo contenuto politico, dal momento che La morte di un burocrata esibisce in controluce il tratto rivoluzionario presente anche nello stile di Gutiérrez, ora quanto mai distante dal neorealismo e debitore degli influssi di un certo cinema europeo a lui contemporaneo (su tutti, Buñuel e Bergman). Tuttavia, risulta sorprendente pensare a una tale libertà espressiva in un contesto totalitario.