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Speciale “Rifkin’s Festival” – L’arte della variazione
Siamo davanti a un film che scorre via con una levità sorprendente, nel quale Allen si diverte a rimettere in scena i film che più ha amato, trasformandoli in brevissimi e geniali sketch: ma davvero la sfrontata e argutissima ironia con cui decide di farlo incanta, per freschezza, inventiva e spirito dissacratorio. Il cinema come antidoto alla morte e come inno alla vita, perché se il tema della morte è presente nel suo cinema, più o meno sotto traccia, fin dalle sue origini, la capacità di far convivere levità e dramma, infelicità e amore per la vita, disillusione e fiducia nel futuro è uno dei cardini fondamentali di tutto il cinema di Woody Allen.
Speciale “Rifkin’s Festival” – La fuga tra le forme della passione
Mort Rifkin racchiude la maggior parte delle caratteristiche e dei temi rituali della poetica di Allen, con una declinazione però di maggior senilità. Il suo è un vagare dimesso e disilluso. Il ritorno alla realtà ha un sapore più amaro e malinconico, L’unico sollievo, porto sicuro spirituale, è sempre più lontano dalla realtà, ammantato dalle immagini del cinema che ama e che utilizza per rileggere la propria vita, facendo i conti con sé stesso anche tramite rievocazioni dei film da lui girati. Rifkin’s Festival, cinquantesima regia cinematografica, è sì un film imperfetto, ma rappresenta un’ulteriore e rilevante tappa nel percorso cinematografico di Woody Allen, la cui passione e sagacia risultano invariate.