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“Nanook” e i confini del documentario 100 anni dopo
Nanook l’eschimese va ammirato anche per le sue insite qualità artistiche: la bellezza di certe inquadrature è indiscutibile e il paesaggio è un vero e proprio personaggio del film, che Flaherty sembra inquadrare a volte con timore, altre con soggezione. Efficace e puntuale è il montaggio, che restituisce il ritmo delle azioni di caccia e la tensione delle situazioni di pericolo; ammirevole lo “studio” sulla profondità di campo, che valorizza da un lato la vastità delle lande ghiacciate e dall’altro la cooperazione tra i membri della famiglia di Nanook per la riuscita di un’impresa.
Prima della tempesta: “Moana with Sound”
Grazie ai capitali investiti dalla Paramount in seguito al successo di Nanook l’eschimese, nel 1923 Robert Flaherty volò in Polinesia per catturare su pellicola la vita degli abitanti dell’arcipelago di Samoa. Accompagnato dalla famiglia, rimase lì per più di due anni. Ne venne fuori quello che secondo molti è il primo documentario, o perlomeno il film per il quale fu coniato il termine.