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Una donna spezzata, tra Cléo e Nanà
Sincerità e trasparenza di sguardo sono caratteristiche che contraddistinguono la Nouvelle Vague e specialmente cinema di Agnès Varda, da Clèo dalle 5 alle 7 alla disinibita Sandrine Bonnaire in Senza tetto né legge, fino alla sua ultima dichiarazione d’amore al cinema e alla vita che diventano un tutt’uno. Visages, villages, un’opera la cui ragion d’essere sta nel potere di un’immaginazione che spazia nel passato, presente e futuro, da Godard o dal ritratto dell’amico Guy ai piedini di Agnes incollati sul treno e destinati a raggiungere chissà quale village remoto, facendo sì che la fantasia vada dove la corporeità non può spingersi.
“Cléo” tra cinema d’autore e mercato
Il fenomeno Nouvelle Vague esplode in un periodo di profonda trasformazione dell’industria cinematografica francese, se non altro perché a partire dal 1959 il cinema non dipende più dal ministero dell’industria e del commercio, ma fa capo al ministero della cultura. Ed ecco che, grazie ad una maggiore sensibilità verso l’approccio artistico, iniziano a spuntare pellicole il cui andamento sul mercato è difficilmente prevedibile. Cléo dalle 5 alle 7 sembra sottintendere il conflitto tra un cinema che guarda al mercato e un cinema che guarda all’autore: attraverso la vicenda della protagonista, Agnès Varda tesse un’argomentazione a favore del secondo, affermando la propria autorialità fatta di cinécriture e di fusione tra film di finzione e documentario, o meglio, auto-documentario.