Bianca è per Moretti un film di cambiamento, di maturazione, di passaggio dalla costruzione completamente rapsodica dei primi film a una sceneggiatura maggiormente costruita (scritta non più da solo ma con il professionista Sandro Petraglia) e inserita nelle strutture di una sorta di giallo morale. Ma Nanni non si normalizza e non si addomestica, anzi.

Perché Bianca è anche il film in cui l’umorismo satirico del regista si carica (per la prima volta e forse mai più con così tanta forza) di dolore e feroce rassegnazione, quello in cui Moretti scava di più nei lati oscuri del proprio personaggio portandone a galla la parte inquietante e inquieta, delusa dagli altri e da se stesso, dal rapporto inconciliabile tra ideale e realtà.

Michele Apicella è un giovane professore di matematica nella scuola Marilyn Monroe. Vorrebbe, lui che vive solo e non riesce a trovare una donna, regolare le dinamiche delle coppie che lo circondano: dei suoi vicini litigiosi che abitano insieme ma non sono sposati, non hanno figli e si tradiscono; dei suoi amici che si separano, hanno altre relazioni e poi si ricompongono in una coppia aperta. Tutti schedati, tutti catalogati con cura e attentamente controllati. Michele odia le bugie, ci tiene alla sincerità, nessuno deve nascondergli niente. Anche se è lui il primo a nascondere più di qualche segreto.

Michele dunque è ossessionato dalla vita di coppia, che idealizza, che vorrebbe perfetta: 1+1, sempre felici, contenti e innamorati. Rinchiuso in questa facile operazione, non capisce i bisogni del prossimo e, come con le povere piante del suo terrazzo che si seccano nonostante le cure, reagisce con violenza. Punisce chi sbaglia, chi secondo lui non risponde all’ideale, chi non è coerente.

Solo quella composta da due dei suoi alunni è una coppia per lui accettabile, che costruisce a tavolino, che insegue fin dentro le mura domestiche. Forse anche per questo fa l’insegnante: perché in questi ragazzini, che può osservare, controllare e indirizzare trova ancora l’innocenza di quel passato che vagheggia e che non tornerà più, quello delle scarpe codificate, con “alcuni modelli molto caratterizzati e basta”, dei sandali con quattro buchi che portava da bambino. La varietà delle scarpe di oggi (“ogni scarpa una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo”) rappresenta quella moltitudine confusa che Michele non riesce a capire, che lo attrae e lo disgusta, che lo infastidisce e lo eccita.

Non sorprende, dunque, che nella progressista scuola Marilyn Monroe, dove si deve informare e non formare i ragazzi, lo psicoterapeuta sia solo per i professori e non per gli studenti. L’alter ego morettiano soffre la solitudine, ma odia gli altri. A lui le persone piace solo guardarle. Dall’altra parte del cortile, dietro le vetrine dei ristoranti, incorniciate dalle intelaiature delle finestre. Come uno spettatore al cinema, o meglio come un regista, esigente e spietato, dietro la macchina da presa.

E anche l’incontro con la collega Bianca (bellissima e indimenticabile Laura Morante, alla seconda delle sue tre collaborazioni con Moretti) è solo un leggero palliativo, non basta a risolvere nessuna delle sue ossessioni, semmai le acutizza. È gelosissimo, perché nel suo mondo ideale bisogna appartenere completamente l’uno all’altro; è innamorato di lei, ma non vuole che nessuno li veda insieme. Insomma, Michele guarda ma non vuole essere guardato, giudica, ma non vuole essere giudicato.

La verità è che vivere in prima persona per lui è un problema: perché non può più stare a guardare, non può più giudicare dall’esterno, ma deve per forza farsi coinvolgere. E la vita reale è imperfetta, non è come la matematica pura, non è un’equazione. La felicità è “difficile per tutti ma per lui è impossibile”, perché deve essere assoluta, senza ombre, e visto che in questa forma è irrealizzabile, va evitata.

Lo sappiamo, le parole per Nanni sono importanti ma insidiose, ambigue, possono contenere all’interno il loro opposto. Per questo Michele Apicella in Bianca fa il professore di matematica, lo dice chiaramente: “mi piace la chiarezza, la logica, un numero o è positivo e o negativo, a me non piacciono le vie di mezzo”. E proprio perché vive i rapporti con gli alti per assoluti, non può che rimanere deluso. Solo, e senza figli.

P.S.: Bianca, nella sua disillusa amarezza è anche il film più "dolce" di Moretti: tra Mont Blanc, Sacher Torte, gelati e Profiterole, campeggia l’indimenticabile, gigantesco barattolone di Nutella, unica arma per placare le ansie di questo matematico romano che odia le variabili, che non riesce a passare dall’uno al due, dal singolo alla coppia.