La più grande forza della narrazione audiovisiva è la facilità con cui riesce diffondersi, attecchendo anche nei contesti più avversi alla produzione culturale. Persino in una terra come l’Afghanistan, da anni lacerata dalla guerra civile, la settima arte ha saputo ritagliarsi uno spazio grazie alla figura di Salim Shaheen, ex miliziano dell’esercito divenuto una vera e propria star, con alle spalle più di un centinaio di pellicole come attore e regista.

Sonia Kronlund, giornalista francese autrice di innumerevoli documentari per la televisione, segue la troupe dello Spielberg afghano nella realizzazione del suo ultimo film, una pellicola autobiografica che racconta l’infanzia del futuro re di Nothingwood. Shaheen è riconosciuto dai suoi connazionali come una vera e propria celebrità, con tanto di folle adoranti e collaboratori dotati di fede cieca nei suoi progetti, e le sue storie appassionano gli uomini del popolo come i talebani, creando un retroterra comune per tutti gli afghani. Ispirate dai film di Bollywood, le sue opere si presentano all’occhio occidentale come cinema povero, fatto di sangue di pollo, travestimenti improvvisati e soggetti semplici, in cui l’eroe riesce ad avere la meglio sui nemici con la sola forza bruta.

Fermarsi all’ aspetto dilettantesco è però un grave errore: Salim Saheen considera il suo lavoro con la massima serietà, e colpisce la determinazione con cui sfida attentati e mine inesplose pur di terminare l’ennesima pellicola. Il documentario permette inoltre di gettare uno sguardo sui costumi dell’Afghanistan, sottolineando silenziosamente la difficoltà di un contesto dove le attrici vengono guardate come prostitute, gli omosessuali tollerati unicamente come macchiette e gli adulti credono a draghi e leggende locali.

Il cinema afghano si colloca così all’interno della nicchia destinata alle produzioni inconsciamente resistenti, del tutto aliene alla logica del blockbuster che governa i grandi studios e fedeli alla natura più sincera del mezzo: la capacità di stupire, educare e ammaliare le platee con storie semplici e coinvolgenti. Esplorazione di un orizzonte sconosciuto, Nothingwood sa introdurci ad una realtà lontanissima, mostrandoci come il cinema possa vivere ovunque, a patto che ci sia passione ad alimentarlo