Se il cinema americano degli anni Settanta, complice lo sguardo new-hollywoodiano, aveva trovato nella fiction il luogo per accogliere ed interpretare la paranoia di essere ingannati dal potere, si potrebbe dire che oggi sia il documentario ad essere la scelta privilegiata per coloro che vogliono affrontare un discorso analogo. La tendenza procede a vele spiegate da almeno un decennio, rileggendo la recente storia americana con l’ossessione della verità (The Fog of War, Fahrenheit 9/11, Capitalism: A Love Story, Zero Days, I Am Not Your Negro, The Age of Consequences…) e non è un caso se Snowden di Oliver Stone non sia allo stesso livello (eufemismo) di Citizenfour di Laura Poitras, regista che con questo Risk si concentra su Julian Assange, già protagonista di un instant-biopic abbastanza dimenticabile (Il quinto potere di Bill Condon).

Il film completa il discorso sul groviglio politico-informatico che nel 2010 raggiunse l’acme con la pubblicazione, da parte di WikiLeaks, la testata online fondata da Assange, di oltre duecentocinquantamila documenti perlopiù confidenziali o segreti. All’indomani dello scandalo, Poitras comincia a seguire la vita pubblica di Assange, diventando quasi sua complice nello scontro con le istituzioni e l’intelligence, fino all’accusa di violenze sessuali mossa da due donne svedesi, casus belli che induce l’uomo a chiedere asilo all’ambasciata dell’Ecuador, ove è tuttora confinato. Ben presto, però, la regista si rende conto di non fidarsi dell’oggetto del suo racconto e l’epicentro di Risk, allora, non è più il pedinamento di Assange ma il suo sguardo scettico su Assange stesso, suggellato da un finale più disilluso che inquietante.

Inoltre, Poitras sa benissimo che, poiché sulla vicenda WikiLeaks possiamo ormai sapere tutto ciò che c’è finora concesso, il suo film deve emanciparsi dal cronachismo per diventare qualcosa che vada al di là della testimonianza giornalistica. Il valore di Risk risiede nel suo essere un diario delle contraddizioni attorno all’ambiguo, controverso, vanitoso protagonista, redatto da un’autrice progressivamente angosciata dalla situazione che ha deciso di restituire in un lavoro preciso e scrupoloso. Se non incompiuto, è un film perlomeno tormentato dall’inquietudine della manipolazione, nonché dalla comprensione di non riuscire a cogliere completamente la verità.